Ormai siamo abituati alle minacce di Kim, ma di cosa dobbiamo aver paura? Noi occidentali, non di molto, oltre i missili balistici, la cui gittata non è ancora stata confermata, l'esercito di Kim non ha molto con cui intimidirci. La marina nord coreana non possiede ancora sottomarini abbastanza evoluti da raggiungere in sicurezza zone abbastanza vicine da cui lanciare gli SLBM (Submarine-launched balistic missile) e non ha un naviglio tale da poter danneggiare il commercio europeo. Allora perché non attaccare il regime?
Seul e la DMZ
Uno dei possibili motivi per cui l'occidente rimanda l'intervento in Corea è legato, a mio parere, alla vicinanza tra la capitale della Corea del Sud e la DMZ (Demilitarized Zone), quindi con la linea di fortificazioni costruite negli anni dalla famiglia Kim.
Questa linea di fortificazione che si estende per i duecentocinquanta chilometri di confine, è un nugolo di artiglierie i cui pezzi principali sono ricoverati in posizioni indurite, tali da rendere difficile il fuoco di controbatteria o raid aerei. Le artiglierie più temute sono quelle a lunga gittata con bocche da fuoco che vanno dai classici 152-mm di fattura cinese, a loro volta copiate dai sovietici, ai poderosi M-1978 Koksan da 170-mm di produzione locale. A queste grandi bocche da fuoco vanno aggiunti gli innumerevoli lanciatori campali pluritubo (MRLS). Anche qui abbiamo un misto di copie cinesi e prodotti locali. Le artiglierie e i lanciatori campali, visti i soli cinquanta chilometri che separano Seul dalla DMZ, potrebbero sparare fino a 2.700 colpi al minuto provocando nella capitale fino a 3.000 morti con la sola salva iniziale e fino a oltre 60.000 in un giorno.
Numeri impressionanti che tengono conto della difficoltà nord coreana nel mantenere una logistica efficiente e dei raid che inevitabilmente indebolirebbero le postazioni d'artiglieria. In questo calcolo non sono stati messi in conto i missili balistici o i lanciarazzi pesanti, che potrebbero trasportare testate batteriologiche, chimiche o nucleari.
Intervento americano
Per evitare la mattanza da parte dell'artiglieria del popolo di Seul, le forze armate statunitensi dovrebbero mettere a punto un piano che richiederebbe il completo impiego delle forze aeree di marina ed aviazione. I raid dovrebbero essere ripartiti tra la linea di fortificazioni sulla DMZ e sui siti nei quali si ritiene che, con più probabilità, l'esercito di Kim abbia posizionato i missili balistici.
Lo sforzo richiesto impegnerebbe la macchina bellica americana come non succedeva dalla Seconda Guerra del Golfo. In questo periodo di crisi, gli americani saranno disposti a mettersi in gioco per aiutare l'alleato del sud? O manterranno le distanze, preoccupati dal deterrente di Kim e dagli inevitabili costi di una guerra?