"Il bianco è un mondo così alto rispetto a noi che quasi non ne avvertiamo il suono, è un nulla prima dell'origine", disse Kandinsky.

La campionessa olimpica Federica Pellegrini ha scelto proprio questa frase per presentare ai suoi fan il suo nuovo look: rasatura laterale e biondo platino, uno stile aggressivo che si adatta perfettamente alla sua personalità, dicono i suoi followers.

È bastato questo a sollevare la curiosità di tantissimi fan e giornalisti che hanno iniziato a domandarsi cosa abbia spinto la Pellegrini ad una scelta estetica tanto drastica.

È stato forse il recente subbuglio della sua vita privata ad averle fatto sentire la necessità di cambiare qualcosa, di ripartire da capo? Spesso si dice che quando le donne vogliono cambiare la propria vita partono proprio dai capelli: è stato così anche questa volta? La nuotatrice - giustamente - non entra nel merito della questione e lascia che, per il suo pubblico, il suo nuovo taglio rimanga semplicemente un nuovo taglio, senza troppi significati nascosti.

Nonostante questo, però, le foto della ‘nuova Federica Pellegrini’ hanno già invaso il web e molti hanno già fatto commenti su quanto la sua scelta sia stata o meno azzeccata.

Ma perché dovrebbero interessarci le scelte estetiche di una campionessa olimpica?

In realtà non si tratta di qualcosa che ci riguarda, ma i mass media sembrano volerci far credere il contrario, rendendo i famosi anche modelli di bellezza, convincendoci del fatto che tutti li dovremmo imitare.

Perché essere famosi significa spesso anche essere belli?

È ormai sotto gli occhi di tutti il fatto che i mass media cerchino di promuovere anche la bellezza di personaggi divenuti noti per qualità ben differenti.

Federica Pellegrini è una di questi: nuotatrice di successo, esempio di come il duro lavoro e la determinazione - sicuramente non senza l’aiuto di un talento naturale - possano portare a risultati incredibili è diventata anche un modello estetico. Gli spot pubblicitari la ritraggono come una 'femme fatale', una donna tanto affascinante quanto ogni altra dovrebbe ambire ad essere.

Dietro questo fenomeno si celano in primo luogo ragioni di marketing; i brand, pubblicizzando i loro prodotti, devono trovare il modo di far leva sul pubblico, convincendolo che valga la pena di sceglierli. Non importa quanto valido o meno sia un prodotto, l’importante è come appare agli occhi degli ipotetici compratori, così come colui che lo sponsorizza.

Gli ideali sociali attuali non si basano sulla meritocrazia o sulle capacità di un individuo, bensì sul successo facile, prospettiva decisamente più allettante: l’estetica in ciò concorre parecchio, in quanto in grado di rendere più persuasivi agli occhi degli altri.

Tutti ormai vogliamo essere belli, tutti vogliamo avere quell’asso nella manica in più, quello che sfruttano anche i mass media per convincere il pubblico a credere a qualcosa, quello che ormai è il motore del consumismo; essere belli è il primo passo verso il successo, questo ci fa credere la cosiddetta società dell'immagine in cui viviamo.

Da qui nasce tanta motivazione nel migliorare la propria estetica ma anche tanta insoddisfazione nel vedere che quei modelli imposti dalla società - spesso falsi, è il caso di dirlo - siano irraggiungibili. Eppure questo non porta ad una sana consapevolezza del fatto che non possa esistere una bellezza oggettiva, semplicemente porta ad altri tentativi di adeguarsi agli standard stabiliti e ad altra demotivazione nel non raggiungerli.

Quali rischi incorrono i più giovani nella società dell’immagine?

Gli adolescenti sono senza dubbio coloro che più di tutti subiscono l’influenza di questi modelli, in quanto si trovano a vivere una fase della loro vita in cui l’identificazione in qualcosa è fondamentale.

La società però, ovviamente, non propone ideali ‘diversificati’ bensì standard comuni che diventano l’ambizione di ogni individuo, perché questa è la logica del consumo e non potrebbe essere in altro modo.

Questo porta i giovani a cercare di imitare qualcosa senza capirne il motivo, talvolta senza riuscirci, privandoli della loro individualità e della determinazione nel raggiungere obiettivi personali soddisfacenti. Il vero bisogno che sta alla base di questo meccanismo è quello dell’accettazione sociale, che nella fase dell’adolescenza diventa prioritario e, affrontato in questo modo, non può che portare a confusione ed insoddisfazione.

I rischi per gli adolescenti che questo fenomeno porta con sé sono molteplici: se da un lato la mancanza di accettazione (causata dal non rispettare certi canoni estetici standardizzati) provoca emarginazione e frustrazione, dall’altra l’attenersi a schemi imposti porta a perdita di motivazione, infelicità e fatica nell’auto-identificarsi.

La società dell’immagine deve necessariamente essere contrapposta alla società della sostanza?

L’estetica e gli altri valori possono coesistere, anche se occorre capire in che modo.

Sicuramente è necessaria una promozione più equilibrata dei valori che non ne declassi alcuni in favore di altri. La bellezza potrebbe continuare ad essere coltivata senza più essere una prerogativa necessaria perché anche le altre qualità vengano riconosciute.

A questo punto, però, sarebbe anche il caso di indagare altre questioni, come i bisogni che stanno alla base dell’identificazione in certi canoni estetici e la necessità di imitare qualcosa o qualcuno, al posto di ricercare semplicemente uno sviluppo personale spontaneo e non influenzato da modelli predefiniti.

Platone, riferendosi a quell’ideale a cui ogni sapiente avrebbe dovuto mirare (la kalokagathia) disse che chi si dedica alla ricerca scientifica o a qualche altra intensa attività intellettuale, bisogna che anche al corpo dia il suo movimento, praticando la ginnastica, mentre chi si dedica con cura a plasmare il corpo, bisogna che fornisca in compenso all'anima i suoi movimenti, ricorrendo alla musica e a tutto ciò che riguarda la filosofia, se vuole essere definito, giustamente e a buon diritto, sia bello sia buono.”

Ora dobbiamo capire se anche noi imitiamo dei modelli al fine di migliorarci e avvicinarci a quella perfezione ideale tanto decantata da Platone o solo perché non sappiamo fare di più.