Aristotele descriveva l'essenza del reale come "ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un'altra cosa"; il 31 ottobre scorso il presidente della camera diffonde il suo decalogo contro le notizie false dirompenti sul web volendo suscitare, presumibilmente, il senso di profondo tradimento che può derivarne dallo scoprire che una notizia è falsa?

Quattro milioni di studenti vengono dunque educati a difendersi dalle fake news seguendo una semplice lista, molto intuitiva, di dieci consigli: come i dieci comandamenti donati a Mosè: il decimo punto del Decalogo della Boldrini dice: ricorda che il tuo click ha un valore.

Ma i giovani lo sanno bene; l'errore più grave è credere che un adolescente contemporaneo non abbia assunto in sé tutti gli strumenti per fare un furbo dècalage tra notizie vere e notizie false; l'errore sta a monte, fingere di credere che al prototipo di sedicenne dal pollice facile sfugga la reale essenza di ciò che legge, o che non nasca già come un essere informatizzato e tecnologizzato (l'era bionica è vicina, molto vicina).

Come popolo poi, siamo un popolo che legge molto poco e di quel poco traiamo solo quello che si accosta meglio con le convinzioni preconcette. Insomma, se si parte da un'assioma tutto il resto non farà che confermare o meno ciò che si crede; la verità che si sceglie di abbracciare fa solo pendant con quello che risulta più simmetrico alle nostre categorie mentali.

Ed ecco che si apre il filosofico dilemma: la realtà è univoca o plurima?

Facciamo un esempio: il 4 marzo 1988 usciva su Repubblica a firma di Paolo Guzzanti un articolo in cui si dichiarava che l'AIDS aveva avuto diffusione a causa di incontri sessuali tra scimmie antropomorfe e turisti sullo sfondo di un bel safari erotico-animalesco; l'argomento zoofilia, inutile dirlo, attecchisce, come attecchirebbe la storia di un pastore sardo che consola l'eremitaggio del pascolo col suo bestiame, e se i complottisti direbbero essere la maledizione dell'editto delle chiudende, ciò che accomuna tutta la serie di fattoidi è la curiosità, animalesca appunto, che suscitano nel lettore.

Saremo sempre più portati a lasciarci affascinare dalla vicenda amorosa del pastore sardo con le sue pecore piuttosto che da una sua inequivocabile smentita. Se nell'agenda politica appare la battaglia contro il falso, si dovrebbe fare i conti con un'altra realtà che pare inconfutabile (fino a prova contraria): che l'uomo è un animale onirico e la sua immaginazione crea mondi; questo si sa, viviamo una realtà fittizia reggentesi su pilastri comunicativi costruiti da mani d'artista.

Questa però è un'altra storia.

La storia è fallace in quanto storia, i ricordi imperfetti in quanto ricordi e la documentazione altrettanto in quanto emanazione di un punto di vista tra miliardi. Così, tra imperfezione e manchevolezza, si crea la verità che di volta in volta siamo maggiormente disposti ad accettare. Il decalogo porta con sé il motivo della sua fallacia: se siamo più attratti dal falso verosimile più che dal vero è probabilmente perché da una storia se ne possono trarre tanti fili, quale scegliamo di afferrare nel labirinto del Minotauro dipende da quanto questo si accosta ai nostri pattern, che a loro volta potrebbero reggersi su una tartaruga, sorretta da un'altra e così via all'infinito.

Cosa siamo disposti a credere dipende da noi. Prendiamo in esempio il montaggio cinematografico o le interviste: prendi una parola, associala ad un'altra, crea un collage affascinante ed ecco la verità. Una delle tante; ma di che verità si tratta? Seppur venga mantenuta l'esatta sequenza di quei termini che generano frasi di senso compiuto, quello intrinseco andrà sempre a scontrarsi col veicolo preposto dal fruitore e la frase: gatto topo mangiare, potrebbe significare qualsiasi cosa. La nostra competenza comunicativa, aiutata dalle nostre conoscenze del mondo e dalla nostra capacità di leggere i contesti e fare inferenze, ci permette di orientarci e cogliere alcune informazioni importanti anche senza mettere in gioco altre competenze.

Se le nostre inferenze si reggono poi su una tartaruga, anche questa è un'altra storia. Pier Vittorio Tondelli si sbagliava affermando che " basta una sola menzogna perché il dubbio travolga tutta una vita?". Probabilmente si, fin quando muoveremo la scelta della realtà verso notizie che confermino le nostre tesi, tesi che si formano da ipotesi e notizie potenzialmente errate.

La risposta al dilemma

appare chiara nel sentire che smentendo una notizia falsa ci si sentirà rispondere: magari questa è falsa ma sicuramente sarà successa una cosa simile da qualche altra parte. A questo punto, se il falso più vero del vero è il re che domina la nostra comprensione del mondo, le Cooke continueranno a vincere il premio Poolitzer, Copperfield ci incanterà con le sue illusioni e la nostra mente si divertirà a produrre allucinazioni ipnagogiche.

Non sarà un ashtag a salvarci dalla menzogna. Per non addentrarci nelle torbide anse delle illusioni confezionate dalla politica di tutti i tempi, se siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, allora non si tratta di credere o meno, di lasciarsi abbindolare da false notizie o lottare per la Verità. Si tratta di un puro atto di fede, giusto per non fare la fine dell'asino di Buridano.