In tempo di campagna elettorale per le prossime elezioni politiche i partiti non si risparmiano nel fare le promesse più varie, talvolta poco probabili, che vengono considerate essere più attrattive per gli elettori.

Sono anche disponibili, attraverso i media, stime dell’entità delle risorse finanziare necessarie per attuare ciascuna di queste promesse, ed i risultati dovrebbero indurre gli elettori a valutare con estrema cautela l’attuabilità delle stesse.

Un’area di intervento, condiviso da molti schieramenti, è quello delle politiche sociali, ed in particolare il tema delle Pensioni.

Ciò è comprensibile in quanto gli impatti dell’ultima riforma previdenziale (quella introdotta dal ministro Fornero del governo Monti) gravano ancora in misura sostanziale su ampie fasce della popolazione.

Alcune promesse elettorali sono per una generica “abolizione della riforma Fornero, senza peraltro fornire indicazioni delle regole di accesso alla pensione che verrebbero introdotte in sostituzione di quelle attuali, ovvero il ripristino del regime precedente alla riforma stessa, oppure nuove regole tutte da definire, su cui il proponente non intende al momento esporsi.

Le promesse elettorali

Sempre sul fronte previdenziale, in altri programmi elettorali vengono meglio dettagliati gli interventi promessi, in termini di nuove minori età, nuovi livelli contributivi, reintroduzione di sistemi delle “quote” necessari per l’accesso alla pensione.

In alcuni casi il dettaglio si spinge ad annunciate interventi per categorie particolari di lavoratori, come le donne, i lavoratori con attività gravose (anche attraverso l’ampliamento delle categorie che usufruirebbero dei benefici) ed anche una revisione degli attuali meccanismi di adeguamento automatico dei parametri pensionistici all’aspettativa di vita.

Fatto salvo la sostenibilità finanziaria di queste promesse in tema pensionistico, i partiti le considerano efficaci dal punto di vista del ritorno elettorale per le rilevanti dimensioni della popolazione coinvolte dalle stesse.

Ci saranno interventi per gli esodati?

Un’attenta osservazione degli annunci di interventi per il sistema previdenziale rivela invece lo scarso spazio concesso al tema degli esodati ancora esclusi dalle salvaguardie.

Ricordiamo che gli esodati sono quei lavoratori per i quali, avendo perso il posto di lavoro prima dell’introduzione della riforma Fornero, spetterebbe di diritto l’accesso alla pensione con le regole vigenti prima dell’introduzione della riforma stessa.

Gli interventi di salvaguardia previsti finora non sono riusciti a sanare completamente e definitivamente la situazione: si stima infatti che circa 6.000 persone siano rimaste escluse dall’ultimo intervento di salvaguardia, e che quindi debbano attendere fino ad ulteriori 6 anni per l’accesso alla pensione.

Come interpretare la quasi totale assenza di interesse da parte del mondo politico del problema degli esodati nell’ambito della campagna elettorale?

Difficilmente questo disinteresse sul tema esodati può essere condotto ad una preoccupazione delle forze politiche sulle risorse finanziarie necessarie; l’attuale inserimento della riforma previdenziale nei programmi elettorali, come notato precedentemente, sembra prescindere dalla disponibilità e dall’entità delle risorse necessarie.

In ogni caso le risorse finanziarie risparmiate nell’ultimo intervento di salvaguardia (utilizzate circa al 50%), sono più che sufficienti per tutelare un numero di esodati almeno doppio di quelli effettivamente rimasti esclusi. Invece le promesse degli interventi previdenziali elencati precedentemente implicherebbero risorse finanziarie di almeno un ordine di grandezza, se non superiore, di quelle necessarie per gli esodati.

Un osservatore si chiede allora se si debba attribuire questo quasi generale disinteresse del mondo politico al problema degli esodati al numero degli stessi: 6.000 persone, disperse su tutto il territorio del paese, sono ininfluenti sul risultato elettorale, ovvero non vale la pena di occuparsi di loro per ottenere il loro voto.

La salvaguardia di tutti gli esodati è però un problema di giustizia: la giurisprudenza riconosce loro il diritto di accedere alla pensione con le stesse regole accordate agli altri lavoratori già salvaguardati, non importa la data di maturazione del loro trattamento, che li ha esclusi dalle precedenti salvaguardie.

Un atto di giustizia, in grado di togliere dalla povertà 6.000 famiglie, di restituire dignità a 6.000 persone, dovrebbe prevalere su un puro calcolo sul ritorno elettorale.