Tutto ebbe inizio un martedì, nello studio del programma televisivo di La7 DiMartedì, alla conduzione il trasfugo dalla Rai Giovanni Floris. Il programma, ricalcando il successo televisivo di casa Rai Ballarò, è un tipico esempio di infotainment, informazione spettacolo, con ospiti di vario genere e come argomenti la situazione politica della settimana. Nel format del programma, è possibile trovare un'intervista comoda, un tu per tu con un protagonista del mondo dell'informazione. Negli ultimi anni, a dispetto della apparente opacità mediatica del personaggio, Floris tende ad invitare il noto fondatore e dominus del secondo giornale italiano, La Repubblica, il giornalista ultranovantenne Eugenio scalfari.

Nell'accomodante intervista di qualche settimana fa, con un pizzico di malizia, il conduttore chiese al padre nobile de La Repubblica chi avrebbe scelto come male minore tra l'acerrimo nemico di quel giornale, Silvio Berlusconi, e il giovane virgulto pentastellato Luigi Di Maio. Senza tentennamenti e con discutibili argomentazioni machiavelliche, Scalfari ha risposto senza ombra di dubbio Berlusconi, di fatto tradendo la linea che il suo giornale per anni ha tenuto nei confronti dell'imprenditore milanese, considerato per certi versi un male assoluto. E da lì, apriti cielo, una valanga di critiche e rimproveri nei confronti del giornalista.

De Benedetti: "Scalfari un rimbambito vanitoso"

All'interno delle piogge di critiche rivolte al giornalista dopo il suo presunto endorsement all'arcinemico ex cavaliere, si inserisce l'ormai ex editore del suo giornale, anche se di fatto lo controlla ancora lui, criticando aspramente l'intervento di Scalfari, e giudicando quest'ultimo di fatto un povero rimbambito novantenne che cerca soltanto un risalto mediatico per la sua sconfinata vanità.

La risposta del giornalista novantenne non si è fatta attendere, rispondendo per le rime alle accuse dell'ingegnere, dichiarando, testuali parole, "che raggiunta la mia età, di queste considerazioni, me ne fotto". Stizzito De Benedetti della risposta disarmante del giornalista, intervistato in un altro salotto televisivo della rete di Cairo, a otto e mezzo condotta da Lilly Gruber, l'ex editore ha rinfacciato al fondatore di La Repubblica di essere un ingrato per quanto lui abbia fatto per il giornale, salvato, a suo dire, dal fallimento grazie ai suoi denari, e con una certa volgarità, ha ricordato al novantenne giornalista "i pacchi di miliardi" che gli ha dato in tutti questi anni.

La Repubblica, il giornale di sinistra, che ha perso identità come il suo partito di riferimento, il PD

In tutto questo, il giornale non poteva non essere coinvolto, e sia la redazione che l'attuale direttore, Mario Calabresi, che l'attuale proprietario, Marco De Benedetti, hanno respinto le accuse che l'ingegnere nella querelle col fondatore ha aggiunto anche su La Repubblica, un giornale senza identità.

Sbrogliare la matassa in questo, diciamo così, confuso e inappropriato scontro mediatico, è difficile, perchè i nodi che escono fuori da questa vicenda, che ancora non vede fine, probabilmente hanno origine nel rapporto quasi simbiotico col Partito Democratico, che a detta di molto,, con l'avvento di Renzi, ha perso le sue connotazioni di Sinistra per andarsi a posizioni di centro se non destra in campo economico. La certezza comunque, è che la questione non si chiude qui, e vedremo se alla fine, la vera vittima non sono proprio gli elettori-lettori di La Repubblica, vittime quelle sì, della smanie di potere e rancori.