Da secoli il mondo riflette sul valore storico e simbolico di Gerusalemme, quale punto d'incontro delle tre religioni monoteiste più diffuse al mondo. Contemporaneamente al suo spirito, quasi ogni giorno le notizie che arrivano dal "Città della Pace" non sono proprio attinenti alla sua nomea. Appena ieri un altro scontro, l'ennesimo dall'inizio di questa lotta senza fine, ha segnato irrimediabilmente la nuova speranza che quel piccolo lembo di terra, possa tornare a vivere felice e sereno, promuovendo la democrazia e la cooperazione tra le culture e le fedi.

Invece no! Perché è più interessante parlare del contrario: invece che di pace, meglio parlare di guerra; invece che di apertura, meglio una sana chiusura.

Anche ieri, nella Striscia di Gaza sono morte delle persone; 58 per la precisione, fra cui anche donne e bambini ovviamente, oltre a un vasto bacino di 2.700 feriti, che gli ospedali palestinesi, non possono ospitare. Per il mondo "libero" questa è solo l'ennesima tragedia da guardare alla Tv, magari a pranzo, con la consueta abitudine a soddisfare la fame di voyeurismo, come se fosse tutto un grande e interminabile film d'azione e fantascienza: azione perché c'è la battaglia, fantascienza, perché a parlare sono persone fuori dalla realtà.

O forse nella realtà essi vivono perfettamente integrati, sebbene sia la realtà che essi hanno voluto fortemente costruire.

Anomalia delle Aperture

È molto affascinante e ironico (nonostante tutto), che a parlare di pace siano continuamente gli stessi capi e governi che dalla guerra hanno e continuano a trarre sempre altissimi guadagni; ricordiamoci che la guerra (sola gene del mondo, come diceva Marinetti) è un affare molto più grande della pace.

é ironico che a parlare di apertura siano coloro che da sempre praticano la chiusura e la ghettizzazione dei propri confini; siano essi domestici e nazionali.

È ironico che il mondo ascolti ancora con trepidazione chi va in un paese che ha occupato dei territori, con il sostegno delle potenze "demoplutocratiche", per ribadire una volontà di dominio e riscatto, dopo secoli di persecuzione.

È ironico che per portare la pace, una potenza storicamente guerrafondaia, pianti la propria bandiera, in quella Gerusalemme martoriata e contesa, per ribadire il sostegno a chi è diventato aggressore senza limiti e senza pudore.

È triste che tutto ciò debba essere ancora velato dalla norma del Tabù etico e morale, bollando qualsiasi opinione anche personale, come pregiudizio o intolleranza; vizi ai quali ogni essere umano è inevitabilmente soggetto. È triste confondere l'accusa verso un governo criminale, con l'odio razziale, perché i governi malevoli si nutrono avidamente di questo odio e lo scatenano violentemente contro chiunque non sia allineato ai suoi voleri.

È triste che si confonda l'Eurovision Song Contest, con un festival di musica e che anche in quel contesto, il cattivo gusto trionfi prepotentemente. È triste e inutile concentrarsi sull'accusare; perché troppi lo fanno, e il risultato è che colpi che fanno qualcosa di buono, per i "noi brava gente", non esistono.