A leggere le dichiarazioni di autorevoli membri della Commissione Europea che invitano l’Italia a rimanere ancorata agli attuali binari di politica economica, sorgono una serie di dubbi. È soprattutto l’intervento di Valdis Dombrovskis, vicepresidente dell’esecutivo dell’Ue con delega alla stabilità finanziaria, a destare più di una perplessità.

Che cosa ha detto il commissario europeo

Che ha detto il lettone Dombrovskis? Che per quanto riguarda il governo a cui Lega e M5S stanno tentando di dare vita, «l'approccio rispetto alla stabilità finanziaria deve essere quello di rimanere nel corso attuale».

In un colpo solo, Dombrovskis ha: 1) sentenziato che per quanto riguarda la materia di sua competenza, le elezioni in Italia si potevano anche evitare, visto che non c’è altra via se non quella di «rimanere nel corso attuale»; 2) reso più tesa la questione dei rapporti tra gli organismi dell’Ue, non eletti direttamente dai popoli dell’Unione, il personale politico che scaturisce dalle elezioni nei singoli stati, e gli stessi popoli.

I sentimenti anti Unione europea

La crisi economica e le politiche di austerità dettate da Bruxelles ad essa connesse, stanno portando sempre più nei diversi stati membri all’emersione di sentimenti anti-Ue e all’affermazione di forze politiche che li cavalcano. In Italia, per dire, la maggioranza assoluta degli elettori che si sono recati alle urne lo scorso 4 marzo ha votato per forze politiche che, secondo differenti gradazioni, sono critiche nei confronti di quelli che non di rado vengono definiti i diktat dei vertici europei.

Al 50 per cento e passa che ha votato per Lega e M5S, si deve infatti aggiungere l’elettorato di Fratelli d’Italia (4,3%) e almeno in parte quello di Liberi e Uguali (3,4%).

Una dichiarazione intempestiva

Dombrovskis questo lo sa. E dovrebbe sapere che in un quadro del genere le sue dichiarazioni rischiano di essere utili come i termosifoni accesi in piena estate.

Lo sono addirittura per la stessa causa che Dombrovskis pensa di servire. Forse Bruxelles voleva mandare dei segnali ai protagonisti italiani dei tentativi di accordo per il governo. Ma in questo caso aveva sicuramente canali più riservati e consoni per farlo. E sanno anche, a Bruxelles, che il presidente della Repubblica è garante del rispetto dei trattati e lo sta dimostrando in questa fase delicata.

Per cui, appunto, si può pensare e dire il peggio dei politici italiani. Ma a stare alle parole del commissario lettone c’è da concludere che anche la classe politica europea non brilla per tempestività e lungimiranza.

In gioco non solo l'Unione europea, ma la stessa unità

Ma al di là della tempestività e lungimiranza di Dombrovskis e dei suoi colleghi, rimane la questione di fondo, che sta diventando sempre più difficile da eludere. I membri del governo europeo, cui i singoli stati membri hanno ceduto sovranità sia formale che sostanziale, non sono eletti direttamente dai popoli europei. Ciò, in un quadro definito dal trinomio “crisi-austerità-perdita di sicurezze”, rischia di diventare l’accetta con la quale viene abbattuto l’albero dell’unità europea.

Unità, non Unione. Sta succedendo cioè questo: le misure di austerità imposte da un personale politico vissuto come a-democratico (perché non eletto) e usurpatore (perché minaccia diritti acquisiti e non consente di guardare serenamente al futuro) minano una delle conquiste più importanti fatte dall’Europa dopo due guerre sanguinose: cioè il tentativo di unirsi per scongiurare altri conflitti e giocare un ruolo a livello mondiale.

La questione della democrazia

Non è un caso se sempre più spesso in Europa si sente tornare a parlare di muri, separazioni, conflitti, laddove per decenni la spinta dei popoli europei è stata centripeta e non centrifuga. La questione insomma, è assai più ampia della tempestività e della lungimiranza di Dombrovskis: riguarda un pezzo di futuro di tutti noi. E forse la sostanza stessa della parola democrazia, che in Europa è stata coniata.