C’è uno sconfitto nella inedita crisi istituzionale che si è aperta con la rinuncia di Giuseppe Conte a formare il governo. È il M5S. Il movimento capeggiato da Di Maio esce male per una serie di motivi: nello scenario che si è aperto, è quello che ha meno possibilità di guadagnare da eventuali nuove elezioni. È uscito col 32,7 per cento dalle urne dello scorso 4 marzo. sarà difficile che quella percentuale, e di conseguenza i seggi in Parlamento, cresca di molto, dal momento che al voto si tornerà con l’attuale sistema elettorale, e pare di poter dire che il M5S abbia raggiunto il massimo che poteva.

A dirla tutta, il M5S aveva cominciato a perdere già da un po’ nei confronti della Lega, che con poco più della metà dei voti era uscita dal tavolo del contratto con gran parte delle sue parole d’ordine scritte nel documento firmato da Salvini e Di Maio.

Di più. La Lega era riuscita a imporsi al ministero dell’Interno e, negli ultimi giorni, a diventare protagonista nel braccio di ferro col presidente della Repubblica sul nome di Paolo Savona all’Economia. Il M5S, dall’alto del suo 32,7 per cento di voti, è rimasto a guardare. Così da un lato si è fatto scippare una battaglia, quella sull’Europa, lasciandola ai più piccoli alleati di governo, dall’altro non è riuscito a fare da argine all’attivismo di Salvini che pure poteva incassare per il suo numero due, Giancarlo Giorgetti, il ministero dell’Economia, come rivelato da Mattarella.

Cioè: anche nel caso fosse stata scongiurata la crisi istituzionale che si è aperta e si fosse formato il governo, due delle deleghe di gran lunga più pesanti, Interni ed Economia, sarebbero andate alla Lega. Scusate se è poco. E non basta. Perché ora Di Maio si trova ora a dover inseguire Salvini nella battaglia contro la Presidenza della Repubblica per non rimanere indietro nella lunga campagna elettorale che si riapre.

Un inseguimento che si è già tradotto nella richiesta di impeachment nei confronti di Mattarella da parte del M5S; un Mattarella nei cui confronti i toni dei grillini erano invece stati finora assai concilianti e comunque molto più soft di quelli della Lega.

Lo scontro Lega-Mattarella

Già, la Lega. Poteva incassare per un suo esponente di prim’ordine, Giorgetti appunto, il ministero dell’Economia e da lì impostare con i vertici di Bruxelles qualsiasi tipo di trattativa, anche la più dura.

Invece il partito di Salvini ha tagliato i ponti di ogni possibile dialogo con il Presidente della Repubblica, imponendogli di fatto una resa senza condizioni sul nome di Savona. Pare tanto un incidente voluto. Perché Salvini non ha potuto ignorare che Mattarella difficilmente avrebbe digerito una cosa del genere. Da parte il Presidente della Repubblica, dopo aver accettato Conte sul quale si era addensata più di una nube, ha teso la mano facendo un nome per il ministero dell’Economia che a Salvini avrebbe dovuto essere più che gradito, essendo Giorgetti un fedelissimo del leader incontrastato e una delle persone che hanno partecipato giorno e notte alle trattative per il contratto di governo.

Il muro eretto dalla Lega insomma, risulta sospetto. Come se Salvini avesse intenzione di battere il ferro finché è caldo e sfruttare il vento a favore della Lega (si vedano i risultati delle elezioni in Friuli) per fagocitare ulteriormente Forza Italia in una tornata elettorale a breve.

Quale prospettiva?

Detto questo, pare difficile che Berlusconi torni ad un’alleanza di centrodestra con la Lega sulle posizioni che Salvini le ha fatto raggiungere in questi ultimi mesi. E i voti di Forza Italia sono stati imprescindibili alle ultime elezioni per la conquista di quasi tutti i collegi uninominali in cui sono stati eletti parlamentari leghisti. Insomma: nelle condizioni date, col sistema elettorale vigente, la Lega ha bisogno di Forza Italia.

E su parole d’ordine “no-euro” l’alleanza pare assai difficile. Sul “no-euro” poi, ci sarebbe da sentire cosa ne pensano i titolari di tante medie, piccole e piccolissime imprese che fanno la fortuna della Lega al nord, e alla moneta e al commercio e ai rapporti con l’estero ci guardano. Quindi la Lega potrebbe sì crescere il suo numero di voti nel proporzionale, ma perdere i consensi di Forza Italia potrebbe risultare letale per Salvini in termini di numeri in Parlamento. A meno che non si prefiguri una coalizione che veda uniti alle elezioni Lega-M5S e che abbia come programma il “contratto di governo”. Sarebbe però l’ulteriore sintomo della sconfitta del M5S, costretto ad allearsi con una forza che ha governato a più riprese nell’ultimo quarto di secolo. Ma questa per ora è fanta-Politica.