C’è una sottile linea rossa (e il colore non è casuale) che unisce la Toscana dai mille campanili e l’Inghilterra di William Shakespeare. Un legame virtuale, che tuttavia appare in qualche modo rafforzarsi dopo l’esito dei ballottaggi italiani del 24 giugno scorso. E che potrebbe spiegare, almeno in parte, la profonda crisi in cui versa il Partito Democratico.
Ingroup e outgroup
Secondo una battuta che gira da tempo, gli unici stranieri frequentati dai radical chic sarebbero quelli che puliscono le loro case. Probabilmente è una battuta ingenerosa, ma la saggezza popolare contiene spesso un fondo di verità.
Perché l’atteggiamento tenuto dal centrosinistra su uno dei temi chiave di tutte le ultime campagne elettorali, quello dell’immigrazione, pare improntato proprio a questa forma mentis: per cui tutti hanno l’obbligo di accogliere chiunque, purché i migranti non vengano smistati nelle zone frequentate dalle élite di sinistra.
Che sia un atteggiamento reale o solo percepito fa poca differenza. E a dimostrarlo ci sono Pisa, Siena, Massa - ma anche Terni e Ivrea. Le (ex) roccaforti rosse cadute una dopo l’altra davanti all’inarrestabile avanzata del centrodestra a trazione leghista. Una simile, storica disfatta richiederebbe almeno un’autocritica, anziché l’ormai consueto arroccamento su posizioni che, evidentemente, non sono più condivise neppure dall’elettorato del Partito Democratico.
In effetti, una delle maggiori critiche rivolte alla politica in genere, e (almeno ultimamente) ai dem è proprio la profonda frattura rispetto al sentire comune. Una difficoltà che è deflagrata in tutta la sua potenza proprio sulla questione dei migranti. La psicologia sociale conosce da tempo l’importanza dell’identità di gruppo ai fini di un corretto sviluppo psicologico.
Il senso di appartenenza a un gruppo è così forte che, spesso, ci si riferisce a dinamiche di ingroup (termine che designa i membri di un gruppo) e di outgroup (tutti gli altri, che per lo più vengono connotati secondo stereotipi).
Questi processi di categorizzazione sfociano in frequenti confronti tra gruppi, che per lo più servono solo ad accrescere l’autostima di chi si identifica come appartenente a un ingroup.
Tuttavia, è possibile che l’outgroup venga percepito come una minaccia, il che può dar luogo a reazioni che a volte culminano in conflitti sociali.
È esattamente ciò che è accaduto con l’arrivo massiccio di immigrati. E il fatto che in gran parte siano stati collocati in zone difficili non ha fatto che peggiorare le cose. Da un lato c’erano i politici dem che continuavano a sponsorizzare un’accoglienza totale e indiscriminata; dall’altra, gli abitanti delle periferie che vedevano i propri territori sempre più degradati. Il recente tracollo era quasi inevitabile.
Fesserie multiculturali
In questo contesto, una vicenda che, suo malgrado, coinvolge William Shakespeare può fornire un’ulteriore delucidazione.
Si tratta della proposta, avanzata dal principale sindacato degli insegnanti britannici, di estromettere il Bardo dai programmi scolastici perché era troppo bianco. Il Foglio l’ha definita una “fesseria multiculti”. Difficile dargli torto.
Peraltro, questa iniziativa fa il paio con un’altra follia politically correct proveniente dall’Università della Pennsylvania: nel cui dipartimento di letteratura il ritratto del genio di Stratford-upon-Avon è stato sostituito con quello di Audre Lorde, poetessa lesbica e nera, per avere maggiore diversità. Sia chiaro: l’integrazione delle minoranze è sempre un valore. Il problema sorge quando la maggioranza (che è un ingroup per definizione) si sente scavalcata e, in qualche modo, defraudata dei propri diritti acquisiti.
Ovvero, minacciata.
E allora reagisce come sta reagendo in buona parte dell’Occidente: dando il proprio voto a quei partiti o movimenti che promettono la difesa dell’identità sociale della Nazione (intesa come gruppo, benché di dimensioni molto considerevoli).
Se il Partito Democratico lo capirà, avrà le armi per ripensare se stesso. Diversamente, potrebbe anche essere destinato all’estinzione. E la sua storia si potrà riassumere, shakespearianamente, con il motto Molto rumore per nulla.