Il governo è fatto. Il presidente del Consiglio e i diciannove ministri hanno giurato nelle mani del Presidente della Repubblica al Salone delle Feste del Quirinale. La legislatura, dunque, può finalmente partire, affrontando le emergenze che le si pongono dinanzi (che non sono di poco conto), e che non sarebbero mai state prese in carico se la situazione fosse ulteriormente precipitata dopo quasi tre mesi di colloqui e trattative, accompagnati da estenuanti fibrillazioni dei mercati finanziari.
Dalle Camere al governo
Con la squadra di governo al completo, si può trarre un primo bilancio su vincitori e vinti di questa lunga partita e su quello che sarà il nuovo Esecutivo in vista del voto di fiducia.
Tra i vari protagonisti dello scenario politico, al momento chi può gongolare più di tutti è certamente il leader della Lega, Matteo Salvini.
Al netto delle considerazioni di parte, la scaltrezza con cui si è mosso il politico milanese ha del sorprendente. Prima la trattativa sottesa con Luigi Di Maio per i presidenti di Camera e Senato: il via libera ad un nome di Forza Italia per saldare ulteriormente l'alleanza di centrodestra e non mettere in pericolo i governi delle regioni del nord, gestite grazie alle intese raggiunte con Berlusconi e Meloni. Poi le delegazioni unitarie al Quirinale e anche durante le consultazioni con i presidenti di Camera e Senato nella fase dei mandati esplorativi.
Questi ultimi passaggi sono risultati fondamentali non sul piano della sostanza, ma soprattutto su quello dell'immagine: Salvini ha voluto fin dal primo momento mostrare al Paese che non era e non è un traditore della coalizione con cui si è presentato alle urne lo scorso 4 marzo. E, a torto o a ragione, ci è pienamente riuscito.
Passo di lato e passo in avanti
E poi il cosiddetto "passo di lato" sul governo, interpretato da molti come un segno di debolezza, invece che come un segnale di grande furbizia e responsabilità: nessun alibi e nessun colpo di coda, pancia a terra e trattative serrate fino a che non è venuto fuori addirittura il nome del suo braccio destro, Giancarlo Giorgetti, come possibile presidente del Consiglio di un governo Lega-M5S.
Sarebbe stata l'apoteosi del "salvinismo" emerso in queste settimane.
A quel punto, però, la situazione è stata ribaltata da Luigi Di Maio, il quale ha proposto un nome terzo rispetto ai due partiti, ma comunque facente parte dell'alveo cinquestelle: quel Giuseppe Conte tecnico ma non tecnico, abbastanza politico, profilo basso che non avrebbe fatto ombra ai due contraenti l'alleanza. Subito dopo si è scatenato il "balletto politico" su Paolo Savona all'Economia, seguito dallo stop del Quirinale e dalle minacce di voto anticipato, ma senza alcuna accusa al Capo dello Stato. Con quest'atteggiamento, infatti, Salvini si è lasciato aperto un canale di comunicazione serio e affidabile con Sergio Mattarella, contrariamente a quanto fatto da Luigi Di Maio, che dapprima ha accusato il Presidente della Repubblica di alto tradimento, salvo poi rimangiarsi tutto dopo poche ore.
Nel frattempo è arrivato Carlo Cottarelli, accompagnato dallo spettro delle elezioni dopo agosto e dai primi sondaggi: la Lega era data a 1,5 punti dal M5S, segnalato in calo rispetto al 32,5% dello scorso 4 marzo, fino all'attuale 29,5%.
I pentastellati hanno ormai raggiunto l'apice, ma adesso il voto di protesta si trasforma in una protesta strutturata, con la gente che guarda soprattutto alla Lega. Di Maio teme un defenestramento, mentre Di Battista si scalda. Tutto, però, è rientrato, e si è tornati su Conte. E proprio in questo frangente Salvini è riuscito a strappare per sé Ministero degli Interni e vicepresidenza del Consiglio, con Giancarlo Giorgetti nominato sottosegretario e, di fatto, "cane da guardia" del premier.
Agli altri ministeri, il leader leghista è riuscito ad ottenere altri posti chiave per i suoi uomini.
Dopo il giuramento è partita la chiamata a Silvio Berlusconi, che ha consentito a Salvini di tenere unito il centrodestra. A questo punto, non resta che attendere le prossime mosse del neo ministro degli Interni.