Due milioni e mezzo di tifosi arrabbiati con Silvio Berlusconi per la vendita del Milan. L'ex Cavaliere recita il "mea culpa" al recente convegno dei Giovani del suo partito, per la decisione presa due anni fa, complice la stanchezza, di vendere il giocattolo sportivo acquistato nel nome del padre, tifoso rossonero. Considerando che due milioni e mezzo rappresentano una cifra di poco inferiore ai voti persi da Forza Italia alle recenti elezioni politiche, si potrebbe dedurre che, nell'intreccio tra calcio e politica, da sempre elemento distintivo dell'operato di Berlusconi, la lettura del suo destino sportivo anticipa quello politico.
Ma presupporre che l'indebolimento di questi destini sia frutto esclusivamente della componente anagrafica è un sofisma. La sana e lucida follia che ha caratterizzato l'operato di Berlusconi, permettendogli di rivoluzionare da una parte il teatro calcistico - e i suoi ingaggi - con la visione psichedelica del suo Milan sul tetto del mondo, e dall'altra di scatenare un effetto dirompente sulle liturgie partitiche del novecento, trascinandole in una tanto assurda quanto vincente formula alchemica - a partire dal nome "Forza Italia" - che gli ha permesso di condurre le dinamiche politiche per oltre un ventennio, hanno lasciato il posto ad una angosciante kafkiana osservazione del divenire, snaturando il proprio spirito avventuroso.
Non sono gli elettori ad aver tradito Berlusconi, ma è Berlusconi che ha tradito se stesso
C'era un tempo in cui un istrionico menestrello cantava lodi al gentil sesso, sublimandolo in festose celebrazioni degli antichi Césari. Poi arrivò il buio e la consapevole sottomissione alla distopica visione di un futuro alimentato da odio, paura e divisione.
Al sogno si è sostituita la realtà. Poeti, intellettuali e uomini di scienza hanno realizzato il meglio della loro esistenza in età avanzata, infischiandosene dell'oscura falce che aleggiava inesorabilmente sempre più vicina. Rinnegare il dono carismatico che il Grande Architetto regala accompagnandoci nel circolo vizioso della vita, significa rinnegare la ragione stessa dell'esistenza.
Del costruttore di sogni è rimasta solo la grottesca e malinconica figura di un uomo assopito e ridicolo portata in scena, con rammarico e compiacimento, dai professionisti della satira e della comicità. Varrebbe la pena di dire: ridateci il "bunga-bunga", il "cucù" e la "foto-con-le-corna", immagini di quella antologia berlusconiana dissacrante, maleducata, ma lontana anni luce da quella di tanti - forse troppi - sepolcri imbiancati, giudici e censori delle vite altrui.