Da ieri il delitto dei Murazzi a Torino ha finalmente una soluzione e il responsabile un nome e un volto. Dopo quasi due mesi di stallo nelle indagini sulla morte di Stefano Leo, un giovane di 33 anni originario della provincia di Lecce a Torino per lavoro, e la richiesta di aiuto agli abitanti della zona circostante l'omicidio da parte della famiglia, all'improvviso è arrivata la svolta: l'assassino si è consegnato spontaneamente alla polizia.
Said Mechaouat, 27 anni, cittadino italiano di origini marocchine con un passato di violenza alle spalle sfociato in una condanna per maltrattamenti in famiglia, ha rilasciato una confessione contenente un movente a dir poco sconcertante: Stefano è stato ucciso perché sembrava felice.
'Ero triste e lui sorrideva, non potevo sopportare la sua felicità'
Tutte le ipotesi più scontate, data la fama dei Murazzi legata allo spaccio di droga, si sono sciolte come neve al sole anzitutto per il passato limpido della vittima, ma soprattutto per una dichiarazione che lascia senza fiato.
Lo scenario è degno di un romanzo gotico. E' sera; l'assassino, seduto su una panchina, osserva le acque del fiume Po scorrere placidamente, scure e magmatiche come i suoi pensieri. All'improvviso arriva qualcuno e Said alza lo sguardo: un giovane suo coetaneo con la gioia di vivere stampata sul volto gli viene incontro fiducioso, un raggio di sole in piena notte illumina intollerabilmente le tenebre dentro e fuori di lui.
Qualcosa scatta nella sua mente: in un attimo tutto accade. E Stefano Muore, all'istante.
Un tragico videogame
Nei videogame l'antagonista, di solito, è un guerriero armato di daga o qualcosa di simile; ma che il nemico sia il riso lieve e spensierato della gioventù non era ancora mai accaduto, se non nel mondo della letteratura e del mito.
L'omicida di Stefano ricorda molto da vicino Jorge, il monaco assassino de "Il Nome della Rosa" di Umberto Eco: è emblematico che lo splendido serial tv di Rai 1 ispirato a questo romanzo sia andato in onda poco prima della soluzione di un giallo che sembrava senza spiegazione.
Jorge, com'è noto, commette una serie di delitti al solo scopo di tenere nascosto agli occhi del mondo il secondo libro della Poetica di Aristotele, quello che parla del riso.
Jorge il Cieco arriva al punto di avvelenare le pagine del volume, così che chiunque avesse osato anche solo sfogliarlo non sarebbe sopravvissuto.
Dopo essere stato smascherato, pur di impedirne la divulgazione alle generazioni future, strappa pagina per pagina e letteralmente lo ingoia mentre la biblioteca del monastero, con tutti i suoi tesori, prende fuoco immolata dal fanatismo e dall'odio.
Come il mitico figlio di Dedalo, il giovane Stefano osò volare con le sue fragili ali di cera incontro al Sole; ma le ali si sciolsero. Ed egli cadde, vittima del suo ottimismo.