Da vari anni il problema della Politica italiana sembra essere quanti migranti arrivano sulle nostre coste. In realtà è l'opposto: quanti non arrivano, quanti perdono la vita nel tentativo di approdare nel nostro Paese. Dal primo gennaio 2019 a oggi oltre mille migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo, ritrovati cadavere o dispersi, in seguito a naufragi, l'ultimo dei quali si è verificato questa notte, al largo di Lampedusa. Se ampliamo il focus agli ultimi 6 anni, da ottobre 2013 a ottobre 2019, secondo i dati Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) hanno perso la vita almeno 19 mila persone, inghiottite dalle acque del Mediterraneo.

L'annus horribilis è stato senza dubbio il 2016, quando sono affogati in mare almeno 5.143 migranti.

Va considerato che le cifre riportate di anno in anno da Oim costituiscono una stima approssimativa e al ribasso del fenomeno, esse infatti registrano solo le morti accertate e i dispersi di cui si ha notizia. Le migrazioni irregolari avvengono nella completa clandestinità, potrebbero essere quindi tanti altri i decessi avvenuti, di cui non si sa nulla. Rimane che fino al 2016 il numero dei morti in mare è aumentato di anno in anno - 3.280 nel 2014 e 3771 nel 2015. Successivamente invece le morti in mare sono diminuite - 3139 nel 2017, 2.297 nel 2018 - ciò soprattutto in conseguenza del progressivo contrarsi del numero di partenze dalle coste africane.

La notizia è meno buona di come potrebbe sembrare a prima vista.

Migranti: diminuiscono le morti in mare, ma aumentano i detenuti in Libia

La riduzione delle partenze è dovuta agli accordi dello Stato italiano con la Libia, che prevedono da parte di quest'ultima il contenimento in centri di detenzione dei migranti. Tale stato di detenzione avviene al di fuori di ogni regola di legge e si presta alla sistematica violazione dei più elementari diritti umani, come asserito di recente anche dal procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella, quotidianamente impegnato nelle inchieste sul traffico di migranti.

Non solleva il morale sapere che la riduzione dei naufragi nel Mediterraneo si deve in primis alla capacità di contenimento di luoghi di detenzione illegale, ove sono calpestati i diritti di chi, senza colpa, vi si trova imprigionato.

Morti in mare: aumentano in rapporto agli sbarchi

Tra l'altro, in questi ultimi tre anni la consistenza dei flussi migratori verso le nostre coste si è ridotta in modo molto più che proporzionale rispetto al numero dei morti in mare, che in proporzione agli sbarchi avvenuti sono anzi aumentati.

Per comprendere, mettiamo in rapporto i numeri: nel 2016 sbarcavano in Italia più di 181 mila migranti e ne morivano in mare oltre 5 mila, ciò significa che circa un migrante su 36 restava vittima delle acque durante l'attraversamento del Mediterraneo.

Nel 2019, per le ragioni poc'anzi accennate, il flusso migratorio si è contratto decisamente, dall'inizio dell'anno ad oggi sono arrivati solo 7.892 migranti, eppure si contano già oltre mille morti nei naufragi, cioè oltre un migrante su 8. I dati parlano chiaro: il numero di decessi nei naufragi è diminuito in termini assoluti, ma è aumentato se rapportato al numero dei migranti che hanno intrapreso la via del mare per tentare di raggiungere il nostro Paese.

Il dato non è che lo specchio delle scelte politiche di questi anni: da una parte gli accordi con la Libia per bloccare le partenze, dall'altra l'indifferenza per la vita di coloro che, malgrado le restrizioni in atto, riescono a intraprendere il viaggio della speranza.