Le ultime due vittorie consecutive, contro Napoli e Genoa, hanno messo da parte per un po' il malcontento ma di fatto il processo nei confronti di Andrea Pirlo in casa Juventus continua. Fiumi d’inchiostro e post sul tema da parte di addetti ai lavori e tifosi, con sondaggi su chi preferisce il Maestro o chi spera in un ritorno di Max Allegri.

'6 di stima' non è un voto

Moltissimi giornalisti ed opinionisti ritengono Andrea Pirlo non da Juventus, o almeno non ancora. Mario Sconcerti nel suo consueto appuntamento su calciomercato.com ritiene che Andrea con la Juve non centri nulla "La stima non si nega a nessuno.

Ma 6 di stima non è un voto. Pirlo è un ottimo tecnico, tanto che io lo porterei volentieri a Firenze, se non fosse un sacrilegio. Ma con la Juventus non c'entra nulla. I risultati devono avere un valore, giusto? Allora Pirlo ha fatto -13 punti rispetto all'anno scorso. E quindi basta, non può esserci futuro per lui alla Juve. Per prendere l’insufficienza cosa doveva fare, dar fuoco allo spogliatoio? Ripeto: io sono convinto che abbia certamente buone qualità ma deve andare a fare esperienza altrove".

Pirlo non ha inciso con la sua idea di gioco

Al di là delle critiche di una larga parte di tifosi bianconeri e di una buona fetta di opinionisti occorrerebbe una analisi più oggettiva possibile sul perché Pirlo non sia ancora riuscito a dare quell’idea di gioco che di fatto lo ha portato a sedere sulla panchina della Juventus e che è probabilmente ancora rimasta sulla sua tesi.

Provando ad analizzare il problema ammesso che sia uno, tenuto conto che sono tante le situazioni che concorrono ad un momento così negativo, possiamo senza dubbio partire dall’inizio del progetto Pirlo/Juventus.

Andrea Agnelli dopo aver esonerato Maurizio Sarri, inviso allo spogliatoio e a buona parte della tifoseria prende la situazione in pugno e decide di promuovere Andrea Pirlo, nel frattempo presentato come nuovo Mister dell’Under 23, come allenatore della prima squadra.

Di norma una società e il suo “Direttore Sportivo”, prima di pianificare la campagna acquisti e cessioni, chiede un parere al suo allenatore il quale, anche senza fare nomi specifici, da delle indicazioni sui profili che potrebbero essere utili alla sua filosofia di gioco. Siamo a agosto del 2020 a mercato appena iniziato.

La Juventus ha messo nelle mani del suo tecnico una serie di giocatori di prospettiva e ringiovanendo una rosa che probabilmente poco avevano in comune con il credo tattico del nuovo allenatore alla sua prima esperienza da tecnico.

Trattandosi non di un gestore questa potrebbe essere stata la prima grave criticità.

Il Chief Football Officer ha ritenuto non decisivo e vincolante il parere di un allenatore lavorando con difficoltà nella pianificazione del mercato in entrata e in uscita non andando a colmare le lacune abbastanza vistose in alcune zone di campo.

Un centrocampo male assortito specchio di un mercato deficitario

Probabilmente Fabio Paratici è un eccezionale secondo, un perfetto scopritore di talenti, un abile stratega nell’imbastire le trattative ma non ancora avvezzo alla gestione ed alla pianificazione tecnica della parte sportiva di una società cosi’ importante. Marotta era il completamento automatico di una coppia che funzionava alla perfezione.

Il risultato è stato che, nonostante la profondità della rosa della Juventus, ad esempio, il centrocampo è stato costruito male o almeno non con quella capacità di palleggio rapido a centrocampo funzionale al calcio cosi’ detto “liquido” di Pirlo.

La condizione non ottimale di Arthur, dal parametro zero Ramsey mai incisivo da quando è alla Continassa. Sicuramente il tecnico non è esente da colpe (in un centrocampo così, non si capisce perché non cercare un regista vero visto che Bentancur ha ampiamente dimostrato di non avere gamba e testa per quel ruolo) ma quanta responsabilità ha la società e quanto gli interpreti sul campo?

Basta fermarsi al centrocampo perché è palese come la società non ha avuto lungimiranza e capacità di pianificazione quando ha deciso di cambiare filosofia di gioco e soprattutto non ha saputo o voluto recepire i segnali e i dubbi di Max Allegri che sosteneva la necessità di rifondare un gruppo di giocatori in alcune zone di campo.

Ristabilire il DNA e la storia della Juventus

La Juve ha sempre avuto nel suo DNA la concretezza e lo stile sabaudo che è quello di badare al sodo vincendo più con le giocate dei suoi campioni che con il gioco brillante e questo probabilmente sarà lo scenario che porterà ad una riflessione profonda a fine stagione coinvolgendo tutte le strutture societarie.