La discussione intorno al reddito di cittadinanza è diventata pomo della discordia anche all’interno del campo progressista. Critiche e attacchi diretti sono arrivati soprattutto da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, mentre alcuni - pochi a dire il vero - componenti del Partito Democratico hanno espresso perplessità - del tutto o in parte - sulla manovra assistenziale voluta e difesa dal M5S.

Una manovra con tante lacune e tanti lati positivi

Il reddito di cittadinanza, concepito come una misura atta al contenimento della povertà assoluta, nel senso ideologico dell’intenzione dovrebbe bastare a farlo rientra nelle politiche programmatiche di una visione di sinistra che si rifà al socialismo e al riformismo cattolico, ma questo per alcuni esponenti della sinistra italiana non basta.

Alcuni sono convinti che questo tipo di misura generi una sorta di parassitismo sociale incentivando tra l’altro il lavoro nero. In più il reclutamento lavorativo va molto a rilento e i Navigator, predisposti come integrativi ai centri dell’impiego, decorsi i due anni contrattuali non sono stati rinnovati.

Si tratta quindi di una misura che certamente presenta evidenti lacune così come offre ampi margini di miglioramento, specie se vengono ritoccati alcuni dettagli inerenti soprattutto al controllo e al reclutamento del personale per le offerte di lavoro.

Il paradosso liberale del pensiero renziano

Renzi, leader di Italia Viva, partito che si colloca nell’alveo del centrosinistra ma con un acclarato riferimento al socialismo liberale rosselliano, è molto critico verso questa manovra, ritenuta in più occasioni una forma paralizzante di assistenzialismo nociva per l’economia del paese, un paradosso concettuale che trova stranamente sintonia anche con il pensiero ortodosso marxista del “lavorare meno lavorare tutti” che la considerano non solo una misura atta al controllo sistemico delle masse di bisognosi, ma una manovra pensata e voluta dai maggiori teorici del liberalismo.

La doppiezza del pensiero renziano in tal senso, elude il lavoro teorico che definì storicamente il concetto di reddito di cittadinanza o reddito di base, una misura che trova la sua primigenia elaborazione all’interno della corrente di pensiero liberale riconducibile ad esempio, a Friedrich August Von Hayek, premio Nobel per l'economia nel 1947, accanito critico del sistema di welfare keynesiano, ma favorevole ad alcune misure di sostegno individuale in favore degli strati sociali più disagiati, ovviamente il tutto all’interno di un mercato libero e a trazione capitalista.

Von Hayek fu molto critico nei confronti del socialismo, ritenuto una forma di organizzazione Politica che necessita di una forma di economia centralizzata, lontana anni luce dunque da quelli che sono i presupposti del liberismo economico.