Il film "La Fiera delle illusioni – Nightmare Alley", è presente nelle sale cinematografiche italiane dal 27 gennaio. Nel cast spiccano i nomi di Bradley Cooper, Cate Blanchett, Rooney Mara, Willem Dafoe, Toni Colette, Richard Jenkins e Ron Perlman.

La pellicola si basa sul romanzo Nightmare Alley di William Lindsay Gresham, pubblicato nel 1946, che fornisce un macabro quanto inquietante ritratto della condizione umana. Nel 1947 vi era già stato un adattamento cinematografico di questo libro: ‘Nightmare Alley’ di Edmund Goulding, con Tyrone Power nei panni del protagonista.

Incantato dal noir di Gresham, 75 anni dopo, Guillermo Del Toro decide di dare un’altra opportunità a Nightmare Alley, cercando un equilibrio e dei punti di contatto tra una società che ormai non esiste più (quella del libro) e quella contemporanea, figlia della precedente.

La fiera delle illusioni: la trama

La storia è ambientata nel 1939 e la scena si apre con una casa che brucia e un uomo, Stanton Carlisle (Bradley Cooper), soprannominato Stan, intento a seppellire un sacco contenente un corpo senza vita sotto le assi del pavimento.

In seguito, Stan trova un impiego come tuttofare presso un luna-park itinerante, gestito dall’imbonitore Clem. Qui l’attrazione principale è il cosiddetto ‘uomo-bestia’, tenuto al buio in una gabbia e digiuno per giorni, nell’attesa di essere umiliato e costretto a cibarsi, davanti al pubblico pagante, succhiando il sangue e masticando le cartilagini di un pollo vivo.

Una sera, Clem chiede aiuto a Stan per sbarazzarsi dell’uomo-bestia, ormai ridotto quasi in fin di vita a causa dei maltrattamenti subiti e, sulla via del ritorno, gli spiega come nasce questa creatura.

Un uomo-bestia è un uomo disperato, quasi sempre alcolizzato, che pur di avere un lavoro, accetta di diventare un fenomeno da baraccone.

Il giostraio lo attira con la promessa che si tratti solamente di un incarico temporaneo, finché non si riesca a trovare un vero uomo-bestia, e ogni giorno gli fornisce da bere dell’alcol misto a tintura d’oppio, fino a farlo sprofondare nel baratro della dipendenza e della follia, privandolo della dignità e rendendolo un animale da esibire per intrattenere il pubblico.

Nel circo, Stan inizia a lavorare con una chiaroveggente, Zeena, e suo marito alcolizzato Pete, i quali gli insegnano alcuni trucchi di mentalismo basati su una serie di segnali verbali e non verbali codificati tra l’illusionista e la sua assistente. Invaghitosi di una collega, la timida e dolce Molly (Rooney Mara), Stan la convince a lasciare la compagnia per mettere in scena insieme un nuovo numero di mentalismo.

Due anni dopo, nel 1941, la coppia raggiunge il successo, arrivando ad esibirsi anche per l'élite di New York. Durante uno spettacolo, Stan e Molly vengono interrotti dall’intervento della psicologa Lilith Ritter (Cate Blanchett), determinata a smascherarli. Mantenendo i nervi saldi, Stan riesce a cavarsela, umiliando la dottoressa che era stata assunta dal giudice Kimball per accertarsi della veridicità dei poteri psichici di Stan.

Questo incontro sarà fatale per il protagonista, sempre più avido e arrivista, e porterà ad emergere la sua vera natura. Incantato dallo charme e dall’algida bellezza della signora Ritter, Stan architetterà insieme a lei una truffa milionaria.

Ignorando il suggerimento di Zeena e Pete sul non fare spiritismo e avvertire sempre il pubblico sull’illusorietà di quanto visto per evitare che qualcuno si facesse male, Stan viene ingaggiato come medium prima dal giudice Kimball e poi da un uomo molto facoltoso e pericoloso, Ezra Grindle. Da qui, inizierà una parabola discendente che culminerà con il declino e la rovina del protagonista.

'La fiera delle illusioni' è quindi all’altezza delle aspettative?

"La fiera delle illusioni – Nightmare Alley" è uno dei film più particolari e ambiziosi di Del Toro ed è anche il primo in cui l’elemento sovrannaturale è del tutto assente, non abbiamo a che fare con la magia, ciò che vediamo sono solo trucchi. Lo stesso titolo ci mette in guardia: assistiamo a delle illusioni messe in atto da un abile manipolatore.

Uno dei lati negativi della pellicola è la sua eccessiva lunghezza, la durata è di 2 ore e 40 minuti.

La narrazione è divisa in due parti che danno l’impressione iniziale di essere scollegate tra loro. Specie nella prima parte, si assiste a una sequenza di scene molto lente, che sembrano quasi inutili e irrilevanti ai fini della trama.

Invece il tutto si conclude con una circolarità che potrebbe essere quasi prevedibile, dal momento che già durante la prima parte viene fornito un indizio su quella che sarà la fine del protagonista. L’obiettivo non è quello di stupire e scioccare lo spettatore, quanto piuttosto quello di farlo riflettere sull’ineluttabilità del destino e l’impossibilità di cambiare la sua natura.

Chi nasce tondo non può morir quadrato. Nemmeno se lo vuole con tutto se stesso. Nemmeno se si impegna. Nemmeno se è disposto a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Nel film vi è una critica pessimista dell’American Dream, con alcune influenze quasi "verghiane", ripensando al Ciclo dei Vinti.

Il film è costruito sulla doppia chiave di lettura che è possibile dare al termine ‘illusioni’: vi è un’illusione ottica caratterizzata dai trucchi di magia adoperati dal protagonista e dagli altri personaggi e c'è l’illusione sociale di Stan che spera di poter cambiare la propria condizione.

Stan è un uomo ambizioso e caparbio, avido di denaro e desideroso di iniziare una scalata sociale, liberandosi del suo passato e prendendo le distanze dal tipo di uomo che era stato suo padre. Tuttavia questo cambiamento sarà impossibile; Stan finirà sempre di più con l’assomigliare al suo genitore, trascinandosi dietro una scia di morte e distruzione fino ad andare incontro, con una consapevolezza quasi tragica, alla propria sorte bestiale.

Altro lato negativo consiste nella mancanza di approfondimento psicologico dei personaggi principali. Non sempre infatti si comprendono le motivazioni alla base del loro agire e il perché di alcuni snodi fondamentali della vicenda. Il caso più lampante è quello dell’enigmatica dottoressa Ritter.

Lo spettatore alla fine del film si ritrova perciò con ancora alcuni interrogativi irrisolti.

Il cast è il vero valore aggiunto della pellicola, Cate Blanchett nel ruolo della dark lady è magnetica, la performance di Bradley Cooper è convincente. Maestosa anche la fotografia coordinata da Dan Laustsen, che restituisce un’atmosfera magica, gotica, ma anche realista perché ciò che succede avviene sul piano del reale. I toni verdognoli irrompono in scena a sottolineare i tratti caratteriali più oscuri e macabri dei personaggi, prima in chiave onirica nella sezione relativa al circo, poi contrastando la patina Art déco della seconda parte.

In conclusione, nonostante alcuni piccoli aspetti negativi, il film funziona comunque. Voto: 7