Oggi, 27 maggio 2017, termina la mostra "La città e i suoi paradossi" di Daniela Gambino e Aldo Di Vita: una mostra che descrive le contraddizioni della splendida città di Palermo.
La mostra, da domani 28 maggio, si sposterà all'Hotel San Paolo Palace, in Via Messina Marine, 91, sempre a Palermo per la sola collezione di Daniela Gambino, e sarà presente per un periodo indeterminato.
Cocci d'Amuri
Proprio come la splendida canzone di Lello Analfino, leader della band siciliana "Tinturia", inserita nella colonna sonora del film "Andiamo a quel paese" di Ficarra e Picone, "Cocciu d'amuri", appunto, la mostra di Daniela Gambino rappresenta, con frammenti vitrei e brillanti mosaici, le contraddizioni profonde di Palermo: la sua casa, il suo amore.
Ogni tassello, ogni scheggia ed ogni affilato coccio, diventa pezzo fondamentale di un progetto grafico più ampio, più profondo e luminoso, rigorosamente eseguito con materiali da riciclo.
Ogni opera, creata con materiali riciclati e riportati alla vita con maestria e talentuosa e delicata accuratezza, nasce dal bisogno di mostrare come da un oggetto che perde il suo scopo, la sua natura primaria, il suo uso, si può creare qualcosa di nuovo e, forse, anche più bella e significativa.
Una rinascita luminosa
Una rinascita, quindi, che non si limita al semplice riutilizzo del sassolino luccicante raccolto lungo la spiaggia, o di quel ciottolino trovato per caso durante una vacanza, o ancora quella scheggia spezzata del parabrezza infranto, ma rappresenta la voglia, la necessità, il bisogno di "ripulire" e riabilitare qualcosa che, dietro un'apparente morte, può tornare a vivere e rinascere dalle proprie ceneri come una Fenice.
Palermo è questo: il fulcro di mille paradossi, di straordinarie meraviglie, di scenari mozzafiato, di cibi tipici squisiti, ma anche col triste primato di inquinamento metropolitano dovuto al cattivo e disorganizzato smaltimento dei rifiuti.
Le opere di Daniela Gambino, diventano, quindi, frammenti di rifiuti che si trasformano in foglie ed alberi lussureggianti, frutti lucenti e appetitosi, figure sacre che risplendono di sacralità e speranza.
C'è poi una donna, un collage di culture, che riassume la bellezza primordiale e universale colorata da quelle nuance uniche che solo la pelle può avere.
Un amore cristallizzato e cristallino come acqua di mare e zucchero di canna che si uniscono e si mescolano in un tripudio di lucentezza trasparente attraverso il quale guardare e ritrovarsi.