Nessuna sorpresa, ma neanche c'era motivo di aspettarsele. Dopo il Senato, anche la Camera ha votato la fiducia al governo di Matteo Renzi.

La presentazione del programma ha ricalcato in sostanza i punti elencati ieri al Senato, con priorità al piano di edilizia scolastica, al fondo per le imprese e alla riduzione del cuneo fiscale, con la differenza che i deputati della Camera, a differenza dei loro colleghi senatori, sono stati gratificati con l'aggiunta di qualche dettaglio. Si è così appreso che il taglio in doppia cifra del cuneo fiscale non si riferiva alla percentuale, ma ai miliardi; si lavorerà quindi per arrivare ad una riduzione di 10 miliardi.

Da questo punto di vista il neo premier pare aver fatto tesoro delle critiche ricevute ieri, tra le quali la più ricorrente era di essersi limitato ad una mera enunciazione di titoli.

Esaurite le formalità del discorso programmatico il resto della giornata si è ridotta ad una semplice cronaca di costume, passando dal paradosso di Renato Brunetta che annuncia il voto contrario del gruppo di Forza Italia, pur apprezzandone il programma, e della fiducia votata dai dissidenti del Partito Democratico, guidato da Pippo Civati che annuncia di votare la fiducia pur "sfiduciato".

Del Movimento 5 Stelle si segnalano il "figlio di Troika" all'indirizzo di Renzi e del ministro Padoan, prontamente stigmatizzato dalla presidente Boldrini, mentre l'ex sindaco di Firenze invitava i presenti a schioccare le dita, come nella Famiglia Adams, per svegliarsi del torpore.

Il ritorno di Bersani

Ma l'applauso più caloroso è stato senza dubbio il ritorno in aula di Pierliugi Bersani, dopo il ricovero del gennaio scorso, "per abbracciare Letta ed assolvere al mio compito di votare la fiducia". Per lunghi minuti l'ex segretario del PD ha rubato la scena al Primo Ministro, e l'applauso si è trasformato in standing ovation quando l'abbraccio con il premier uscente si è materializzato.

Il voto

La lunga giornata si conclude con il conteggio dei voti, che fa registrare 378 si e 220 no.

"Ora non resta che andare a lavorare", come ha detto lo stesso Renzi. Si spera con profitto perché ci sono milioni di italiani che hanno lo stesso proposito, ma non ne hanno la possibilità.