Gli ultimi sondaggi sono impietosi e suonano ben più di un campanello d'allarme: il consenso degli elettori a Forza Italia non è semplicemente in flessione ma sta letteralmente franando.

Autorevoli istituti di sondaggio concordano nel rilevare che se si votasse oggi Forza Italia non andrebbe oltre il 17 - 18% e c'è chi scommette che in Lombardia, dove gli azzurri erano il primo partito, oggi non raccoglierebbero più del 14%.

Un pronostico che peggiore non si può in vista delle elezioni europee del 25 maggio prossimo.

E' questo che ha convinto Silvio Berlusconi (che dei sondaggi si è sempre fidato perché aiutano a capire prima degli altri quando cambia il vento) a rompere gli indugi e a mettersi di traverso al governo Renzi, rompendo la tregua che durava ormai da un paio di mesi.

Renzi che, da parte sua, sconta, è pur vero, non pochi malumori e mal di pancia all'interno del suo partito e del suo stesso governo, ma, stando sempre ai sondaggi, in termini di consenso veleggia col vento in poppa grazie soprattutto alla trovata (non irresistibile ma alla quale, tuttavia, nessuno dei predecessori aveva pensato) degli 80 euro in più in busta paga per 10 milioni di lavoratori dipendenti a partire da maggio e per tutto il 2014 (e anche per gli anni successivi, coperture permettendo).

E' così che l'uomo di Arcore, proprio il giorno in cui ha sottoscritto per accettazione le regole alle quali si dovrà attenere nello scontare la condanna di affidamento ai servizi sociali a seguito della nota vicenda giudiziaria, dopo 14 mesi di assenza, torna in tivù e dal salotto amico di Bruno Vesta prova a riconquistare la ribalta e a recuperare terreno: se la prende con tutti, presidente Napolitano compreso, afferma che l'Italicum è incostituzionale e che illudersi di approvare la riforma del Senato prima delle elezioni europee è pura fantascienza.

Sulla riforma del Senato si gioca una partita decisiva. Il testo originale, sul quale esisteva un sostanziale accordo tra il governo Renzi e Forza Italia, è da settimane sotto il fuoco incrociato non solo del M5S, dei partiti minori e dell'intellighentia di sinistra, ma di pezzi importanti dello stesso Partito Democratico.

Renzi fa l'ottimista a oltranza, anche perché, a questo punto, altro non potrebbe fare. Se, nonostante le difficoltà, riuscisse a portare a casa la riforma del Senato prima della fatidica data del 25 maggio, sia pure con un testo finale profondamente rimaneggiato (e meglio ancora con una convergenza di consensi tale da non rendere indispensabile il voto favorevole dei forzisti), questo rappresenterebbe per il Partito Democratico il miglior viatico per l'appuntamento elettorale europeo. E il peggiore per Forza Italia.

Questo Berlusconi lo sa bene e lo vuole a tutti i costi evitare. Anche perché sa che questa occasione, per lui, può essere davvero l'ultima.