Cuba si apre al mondo - anche dal punto di vista commerciale - e il prossimo 20 luglio riallaccerà le relazioni diplomatiche con gli Stati uniti, interrotte nel gennaio 1961. E quell'edificio a cristalli verdi ultimato nel 1953, che caratterizza la sky line dell'Avana e il Malecón, non ospiterà più la Sezione d'interessi Usa - formalmente parte della sede diplomatica elvetica - ma si trasformerà in una vera Ambasciata a stelle e strisce.

Il ruolo di Jeffrey De Laurentis

A dirigerla sarà il diplomatico Jeffrey De Laurentis: già capo della Sección de intereses de los Estados unidos en La Habana, d'ora in avanti opererà - seppur ad interim - come incaricato d'affari.

La nomina di un nuovo ambasciatore, che richiederebbe il via libera del Senato di Washington, è stata rimandata a data da destinarsi: Barack Obama sa che con un Congresso a maggioranza repubblicana, è preferibile muoversi gradualmente. Naturalmente, nella stessa giornata, otterrà lo status di Ambasciata anche l'attuale Ufficio degli interessi di Cuba sul territorio statunitense.

In attesa di John Kerry

Beninteso, almeno dal lato di Cuba l'evento sarà tanto importante sotto il profilo formale e simbolico, quanto irrilevante nella sostanza. Cambierà qualcosa per il personale nordamericano, che beneficerà dell'immunità diplomatica, e delle garanzie stabilite nella Convezione di Vienna sulle Relazioni diplomatiche.

Insomma, nell'attesa del segretario di stato John Kerry - il cui sbarco all'Avana è programmato entro l'estate, un po' prima di papa Francesco - la riapertura rappresenta essenzialmente un passo sulla via della normalizzazione delle relazioni.

Gli interrogativi ancora aperti

A poche ore da lunedì - quando la bandiera Usa sarà issata nell'Isola per la prima volta, dopo cinquantaquattro anni - si moltiplicano gli interrogativi sul ruolo che eserciterà la sede Usa all'Avana.

La quale, sia detto per inciso, occuperà l'edificio più sorvegliato dell'intera Isla grande, dopo Punto cero (la residenza di Fidel Castro nell'ovest della Capitale, a un tiro di schioppo dal porto turistico della Marina Hemingway).

Insomma - come rileva il portale "Café fuerte" - i repubblicani non soltanto rilevano che questa misura contraddice la Ley de libertad y solidaridad democrática cubana.

La quale condiziona le relazioni diplomatiche all'esistenza di un governo democraticamente eletto, e alla soluzione delle controversie legate alle nazionalizzazioni di oltre cinquanta anni fa.

In realtà la destra Usa teme che durante i negoziati la delegazione a stelle e strisce - guidata dalla futura ambasciatrice in Messico, Roberta S. Jacobson - abbia ceduto su troppi fronti, magari neppure salvaguardando il principio di reciprocità. E non solo per quel che riguarda la libertà di circolazione e transito dei diplomatici Usa, e l'inviolabilità della valigia diplomatica. Ci si chiede, infatti, se il Governo cubano abbia acconsentito all'invio di risorse per garantire la sicurezza della Sede, e se intenda sottoporre a perquisizione, identificazione - e in pratica intimidazione - i cittadini che si rechino in Ambasciata.

E inoltre sarà possibile mettersi in contatto liberamente con i cubani, e assumerli senza ricorrere all'intermediazione dell'impresa statale Servimport?

E infine - si chiede la destra Usa, maggioritaria in Parlamento - si potrà continuare a offrire ai cubani un servizio internet gratuito, e soprattutto seminari rivolti alla società civile, dedicati ad esempio al giornalismo indipendente?