«Sì, c’è un po’ di delusione perché pensavamo che il Senato avrebbe approvato il Disegno di legge giovedì scorso, ma come ha detto il sottosegretario ai Trasporti Riccardo Nencini siamo all’ultimo miglio. E’ ragionevole pensare che a febbraio, dopo dieci anni di battaglie, la Camera voterà la legge sull’omicidio stradale». Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione Vittime della Strada e portavoce dell’Unione Italiana Sicurezza Stradale, l’organismo che aggrega decine di associazioni di vittime della strada, lascia trasparire comunque un cauto ottimismo: «Il nostro timore era che un qualunque ritardo si fosse risolto nel solito espediente per vanificare l’approvazione del Ddl.

Tuttavia, dopo il voto al Senato, il ministro Maria Elena Boschi ci ha ricevuto e ci ha garantito che non ci saranno ulteriori intoppi. Ci ha spiegato i motivi della fiducia: sul maxiemendamento al Ddl presentato dal governo pendevano qualcosa come 200 emendamenti. A gennaio i lavori parlamentari riprenderanno con le riforme costituzionali e l’approvazione dei decreti legge, che sono scadenze tecniche; dopodiché, ci ha assicurato il ministro, sarà messo in calendario il voto alla Camera».

E' soddisfatto dell’impianto normativo?

«Molto, ma sfido chiunque a elaborare una legge perfetta. Tutte le leggi sono emendabili e quindi in futuro bisognerà lavorare per migliorare anche questa. Il Ddl interviene sugli articoli 589 e 590 del Codice penale, che disciplinano l’omicidio colposo e lesioni personali.

Il mio parere è che si tratta di una legge innovativa, che inasprisce alcune sanzioni come, per esempio, la revoca della patente, per taluni casi, fino a 30 anni. L’intento, come lamenta qualcuno, non è quello di fare terrorismo sugli automobilisti, ma di renderli più responsabili e rispettosi delle regole della strada».

Eppure non sono mancate critiche piuttosto dure da parte un gruppo di senatori di maggioranza i quali, preannunciando pubblicamente il voto contrario, hanno censurato la norma che secondo loro “spara sul mucchio trasformando milioni di automobilisti in potenziali assassini con l’eccezione di chi può permettersi l’autista”.

«Noi eravamo presenti durante il dibattito e le posso dire che abbiamo sentito anche di peggio. Il senatore Giovanardi ha pure dichiarato che le vittime non sono soltanto coloro che muoiono investite, ma anche chi commette l’omicidio stradale perché si distrugge la vita. Io sono basito da certe affermazioni. Perché allora non ci preoccupiamo anche per la sorte dei terroristi che ammazzano centinaia di persone?

Potremmo magari appurare che hanno subito dei traumi infantili. Queste sono logiche che corrispondono a un comune sentire del tutto superato. I tempi sono cambiati, se in Parlamento ci sono persone incapaci di percepire gli umori del Paese lascino l’incarico».

Secondo lei c’è maggiore consapevolezza nel nostro Paese della gravità dei reati stradali?

«Senza dubbio, altrimenti non saremmo giunti a questo punto. Dieci anni fa non ci avrebbero nemmeno fatti avvicinare a Montecitorio. Oggi siamo dei riferimenti. Poi c’è il caso drammatico che scuote le coscienze e accelera un processo comunque avviato, come quello del povero Lorenzo Guarnieri, il ragazzo di 17 anni ucciso a Firenze il 2 giugno del 2010 dall’auto guidata da un uomo ubriaco e drogato.

All’epoca Matteo Renzi era sindaco e prese solennemente l’impegno di battersi in favore di una legge sull’omicidio stradale. Poi Renzi è diventato presidente del Consiglio e ha mantenuto la sua promessa. E’ una battaglia di civiltà, bisogna far comprendere all’opinione pubblica che le vittime non sono soltanto quelli che perdono la vita sull’asfalto, ma pure i 14mila feriti all’anno, molti in maniera permanente, pari a un milione e mezzo in trent’anni, con costi sociali altissimi. Coloro che hanno criticato questa legge fingono di non capire l’importanza del momento. Da parte nostra non abbiamo mai cercato vendetta, abbiamo sempre e solo preteso giustizia».