Scoppia la polemica intorno al codice di comportamento da poco reso pubblico dal Movimento 5 Stelle, rivolto ai candidati alle prossime elezioni amministrative a Roma: in particolare, desta scalpore la presenza, in uno dei punti del documento, di una norma che stabilisce il dovere di riparare ad un eventuale danno d'immagine, causato al Movimento dal candidato inadempiente, col pagamento di una somma di almeno 150 mila euro.

Polemiche sul M5S a Roma

Il codice di comportamento in questione, consultabilein Pdf sullo stesso blog di Grillo, indica in dieci punti le linee guida cui devono attenersi i candidati M5S a sindaco o a consigliere alle amministrative di Roma: molti di questi punti raccolgono enormi consensi, come quello che prevede le dimissioni in caso di condanna in sede penale o quello che stabilisce la trasparenza in merito alle spese effettuate nell'esercizio del mandato e ai relativi rimborsi.

Questi sono punti cardine della politica del Movimento che molto hanno inciso sui recenti successi elettorali.

Altre parti di questo codice, da molti già definito "contratto vessatorio", lasciano perplessa parte dell'opinione pubblica: è il caso del punto 9b che, come fa notare Jacopo Jacoboni de "La Stampa" che ha anticipato il contenuto del documento, premettendo che il candidato o l'eletto si assumono l'impegno di dimettersi in caso risultino inadempienti al codice, stabilisce che il giudizio e le decisioni su questa inadempienza saranno assunte da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, o da una votazione online. Per molti questo vorrebbe dire che un consigliere M5S, se non un sindaco, avrebbe un'autonomia davvero limitata, dovendo fare i conti con una perenne spada di Damocle pendente sulla sua testa.

La grande "novità" è comunque rappresentata dalla già citata somma di 150 mila euro, da pagare per riparare al danno d'immagine che conseguirebbe da una condotta inadempiente tale per cui si renderebbero necessarie le dimissioni dall'incarico o l'espulsione dal Movimento.

Le reazioni del mondo politico non si sono fatte attendere: il vicesegretario Pd Guerini torna ad auspicare una legge che regoli la struttura e la democrazia interna dei partiti, proposta che viene vista dagli esponenti del M5S solo come un tentativo di escluderli dalla competizione elettorale.

Dal Movimento fanno sapere che il provvedimento in questione serve a tutelarsi contro eventuali "voltagabbana": in effetti, a Torino è già prevista una sanzione per chi cambia casacca anche se, nel caso di Roma, ad una prima lettura del codice, le disposizioni appaiono applicabili anche a casi differenti a quelli di chi abbandona un gruppo per passare ad un altro. Che si sia d'accordo con l'una o l'altra parte, quel che è certo è che si sta assistendo all'ennesimo capitolo di una disputa che va ormai avanti da tre anni.