Giorgia Meloni, candidata sindaco di Roma per Fratelli d'Italia, è intervenuta nella mattinata odierna nel corso della trasmissione Agorà, su Rai Tre. Molte le tematiche toccate, dalle primarie, alla candidatura di Bertolaso, alla rottura con Berlusconi. Meloni ha dichiarato che "fin quando mi danno della fascista mi sta bene, perchè significa che non hanno nulla di serio da dire". Tuttavia non sembra essere una questione di poco conto, anzi. Si è soffermata sullo strumento storicamente avulso alla storia della destra, le primarie : "Fui tra le prime a chiedere le primarie, ora è tardi.
Se mi dicessero che si fanno in 15 giorni, sarei d'accordo. Le ho chieste, ma alcuni miei alleati, tra cui Berlusconi, hanno ritenuto che fossero una perdita di tempo". Quando le è stato chiesto per chi parteggerebbe, tra Pd e M5S ad un eventuale ballottaggio, la Meloni ha dissipato ogni dubbio: "Non temo nè Giachetti nè la Raggi, ma se non arrivassi al ballottaggio voterei Raggi, anche se trovo deludente la storia di M5S". Su Bertolaso, invece: "Non convince, non è il candidato ideale".
La fine del berlusconismo, destra da ricostruire
Berlusconi farà campagna per Bertolaso. Il Cav è convinto del suo candidato e porterà questa sua scelta con convinzione, fino alle elezioni di giugno. Berlusconi è convinto del fatto che l'appoggio di Salvini, a Roma, è minimo (porterebbe l'1% scarso di voti).
Ovviamente, stando così le cose, ed avendo la destra tre candidati "forti" ed uno nelle retrovie, sarebbe impossibile vincere le comunali. Meloni e Bertolaso su tutti, con Marchini espressione di parte dell'elettorato di destra, e Storace, incredibilmente redivivo, nonchè recidivo, data la sua esperienza alla regione.
Il dato inconfutabile è quello della fine del berlusconismo, fine della capacità di accorpare, di unire e di compattare il fronte della destra.
Berlusconi no può più farlo, non riesce più a farlo. Possibile, invece, che non voglia farlo. Non è pensabile che Meloni, Bertolaso, Marchini e Storace corrano per partecipare. Diciamo che De Coubertin è l'ultima persona a cui pensano in questi giorni. Berlusconi non ha più l'appeal di un tempo, ci mancherebbe, ma quello che sta succedendo a Roma ha dell'incredibile, ai limiti del masochismo.
Tutto sembra creare le condizioni per un exploit della Raggi, candidata del M5S.
La Raggi ed il rischio del M5S
Virginia Raggi è la candidata sindaco del M5S a Roma. Ha vinto le comunarie per netto distacco, nonostante l'esiguità dei votanti online. Molti sondaggi la danno favorita al ballottaggio con il candidato PD, Roberto Giachetti. L'avvocatessa grillina è stata attaccata per il proprio cv pubblicato sulla piattaforma del M5S. Ha evitato di inserire la sede dello studio presso il quale ha svolto tirocinio, ma perchè? Facile, lo studio è quello di Cesare Previti, che non ha bisogno di molte presentazioni. Brevemente:ex ministro del governo Berlusconi, interdetto dai pubblici uffici, ex MSI, condannato per corruzione nel processo SME, e poi per il Lodo Mondadori.
Un personaggio niente male. Forse la Raggi si vergognava di averci collaborato? In nome della trasparenza grillina, avrebbe dovuto inserirlo nel cv. Chi l'ha votata, avrebbe potuto risentirsi della sua esperienza "previtiana" e preferirle un altro candidato. Questo il motivo per cui andrebbero rifatte le votazioni online, sempre che la trasparenza resti valore ineludibile del Movimento. La Raggi non verrà toccata, è una figura esteticamente pulita e comunicativa, che Casaleggio vede molto bene. A differenza della Bedori, scaricata a Milano per la sua "Incomunicabilità". Pratiche che non mettono in buona luce il Movimento.
Chiaro il quadro nella Capitale: la destra non vuole vincere, ma non vuole nemmeno che vinca il PD.
Sa che non andrà al ballottaggio, e votare la Raggi incarna una splendida possibilità, data la sua vicinanza agli ambienti della destra romana: defilarsi dal Campidoglio, togliere Roma al PD e "saggiare" l'inesperienza del M5S.