Cronaca di un fallimento annunciato. Alla fine vince il partito dell'astensione che è stata di massa. Alle urne si è recato soltanto un cittadino su tre, indice che l'argomento in questione non è stato poi così sentito dagli italiani. il quorum pertanto non è stato minimamente sfiorato, hanno votato poco più del32 per cento degli aventi diritto. Vincono i SI con l'80 per cento circa dei consensi anche perché alla fine, coloro favorevoli all'abrogazione delle concessioni per l'estrazione degli idrocarburi fino all'esaurimento delle risorse, sono gli unici che hanno fatto campagna elettorale.
Ma senza il quorum, il risultato non può essere validato. Vince il Governo Renzi per il quale questa consultazione era fastidiosa ed inopportuna.
Tanto rumore per nulla
Il destino delle 17 concessioni per l'estrazione di gas naturale e delle 4 concessioni per l'estrazione petrolifera entro 12 miglia dalle coste resta inalterato. Potranno operare fino a quando ci sarà qualcosa da poter estrarre. Alla fine i rischi ambientali ci sono ma ci sarebbero stati anche nel caso in cui il referendum fosse stato validato. Esistonoaltre piattaforme nei mari italiani fuori dal limite che era oggetto della consultazione, la distanza superiore alle 12 miglia dalla costa non è affatto una sicurezza in caso di incidenti.
In realtà nell'occhio dei ciclone c'erano soltanto le piattaforme petrolifere e sono una minima parte. I rischi per l'ambiente sarebbero rimasti più o meno tali e quali così come non ci sarebbero state ripercussioni energetiche o occupazionali se anche il referendum avesse raggiunto il quorum. Gli idrocarburi estratti dalle piattaforme costituiscono una parte men che minima del fabbisogno nazionale mentre, per quanto riguarda i lavoratori, ci sarebbe stato tutto il tempo di pensare ad una soluzione visto che lo smantellamento di tutte le concessioni in base alla scadenza avrebbe impiegato un arco quasi ventennale.
Un tam-tam mediatico che non ha pagato
Sono mesi che in Rete gli italiani sono tartassati dalla campagna referendaria per il SI, con tanta, forse troppa insistenza. Alla fine bastava leggere con attenzione il quesito, bastava informarsi per capire che l'abrogazione di 21 concessioni estrattive di idrocarburi cambia poco o nulla per il Paese dal punto di vista ambientale.
I rischi esistono ma non sarebbero stati cancellati dalla riuscita di questa consultazione. Piuttosto si sarebbe lanciato un segnale chiaro al Governo, relativo ad una volontà degli italiani tesa alla svolta delle politiche energetiche. Ma a quelle forze politiche schierate per il SI e, soprattutto, a quei presidenti di Regione che condividono la tessera di partito con il premier, interessava davvero un cambio delle politiche energetiche? Il referendum sulle trivelle è stato in realtà una scelta di campo, un plebiscito pro e contro Matteo Renzi e chi lo ha promosso e sostenuto ne escecon le ossa fracassate. Il commento del presidente del Consiglio alla chiusura dei seggi è stato comunque lapidario.
"Chi vota non perde mai - ha detto Renzi - e pertanto massimo rispetto per gli italiani che sono andati alle urne. Non è una vittoria del governo ma dei lavoratori delle piattaforme. La sconfitta - ha aggiunto - è invece di tutti colori che hanno cavalcato questo referendum per motivazioni personali".