Il sogno americano, così grande, attraente ma ricco di contraddizioni. "Negli Stati Uniti d'America tutto è possibile", lo dicevano i migranti del vecchio continente quando nei primi decenni del secolo scorso salpavano sulle navi alla volta del nuovo mondo, in cerca di fortuna. Alcuni l'hanno trovata, altri hanno compreso che quella "terra promessa" era solo una bella favola. Però forse è vero che negli Stati Uniti d'America tutto è possibile, addirittura che Donald Trump diventi presidente. Non è la prima volta che gli dedichiamo ampio spazio sulle nostre pagine ed abbiamo sempre sottolineato quelle che, a nostro avviso, potevano essere le sue scarse probabilità anche in caso di nomination.

Ma ora che la candidatura è scontata, essendo l'unico tra i Repubblicani in corsa, e che gli ultimi sondaggi lo vedrebbero leggermente in vantaggio in uno scontro con Hillary Clinton per le presidenziali di novembre, è logico fermarci e cercare di comprendere il perchè di questo "fenomeno".

Le 'falle' della politica americana lo hanno reso forte

Trump promette di riportare gli States alla grandezza del passato. Negli ultimi anni la crisi economica ha fatto sentire i suoi effetti anche oltreoceano e per quanto riguarda la politica estera, la situazione sta sfuggendo di mano all'amministrazione Obama. Gli Stati Uniti socializzano con nemici "storici" come Iran e Cuba ma, soprattutto, sono costretti per forza di cose a venire a patti con nuovi dittatoricome il turco Erdogan o "trattano" con la Russia sul futuro di Assad in Siria.

Quanto accade in Medio Oriente, ad iniziare dall'ascesa dello Stato Islamico, è frutto di azioni avventate del passato da parte del governo americano (su tutte l'inutile seconda guerra in Iraq). Donald Trump sta cavalcando, tra le tante, anche questa tigre: parla apertamente agli elettori degli errori commessi dalle varie amministrazioni della Casa Bianca, da Clinton a Bush, fino ad arrivare ad Obama.

Non risparmia nessuno, nemmeno i suoi compagni di partito e mostra alla gente un presunto precipizio nel quale sarebbe piombato il Paese a causa del modo tradizionale di fare politica. Donald Trump rappresenta dunque l'anti-politica, l'uomo contro il potere. Tutto questo è paradossale se pensiamo ad un uomo tra i più ricchi d'America, un miliardario che ha fatto fortuna con le speculazioni immobiliari e che ora attacca una presunta "casta".

Un paradosso che però non ci sorprende se pensiamo che una cosa simile è accaduta in Italia con Silvio Berlusconi.

Lo scetticismo generale

In realtà il "fenomeno Trump" non è diverso da quello che porta l'estrema destra ad un passo dalla presidenza in Austria o ai successi elettorali di Marine Le Pen in Francia. Esprime il malcontento di una grossa fetta di popolazione che, delusa dallla politica, cerca un'alternativa. Il successo di Trump è espressione di uno scetticismo generale che coinvolge lo stesso Trump se pensiamo che, in base ad un recente sondaggio, sei elettori su dieci e dunque più della metà considerano tanto Trump quanto la Clinton "inadeguati alla presidenza". Ma mentre Hillary Clinton rappresenta qualcosa di conosciuto, un proseguo delle recenti amministrazioni, Trump è l'uomo che urla per il cambiamento.

Se il miliardario newyorkese diventa presidente degli Stati Uniti è solo perchè gli elettori americani sceglieranno qualcosa di diverso. Che porti ai muri con il Messico o alla guerra atomica contro i terroristi, tanto per citare alcune delle bombe "sganciate" da Trump in campagna elettorale, oggi è incredibilmente un problema di secondo piano. Chi vota Trump vuole voltare pagina e preferisce i pericoli di una "mina vagante" alla solita minestra riscaldata.