Il crollo nelle elezioni amministrative, le guerre fratricide nel Partito Democratico, lo scandalo che ha travolto Angelino Alfano. Gli ingredienti ci sono tutti per innescare quello che in pochi avrebbero previsto (almeno prima del voto sul referendum costituzionale): la caduta del governo Renzi. Mai come oggi l’ipotesi si è trasformata in una possibilità e il premier, che non vuol farsi trovare impreparato, pare stia già studiando le contromosse. Ciò che è certo, è che Renzi non ha nessuna intenzione di subire l’escalation degli eventi in trincea.

È stato del resto lui stesso a utilizzare più volte il ricatto delle urne in questi anni con i suoi acerrimi avversari: sia all’interno che al di fuori del Nazareno. È pur vero che il suo Pd oggi partirebbe da una posizione di svantaggio se si considerano le Comunali e la crescita galoppante del Movimento 5 Stelle. Eppure Renzi appare convinto di poterla spuntare perché - e i precedenti gli danno ragione - è nelle campagne elettorali vissute da protagonista che l’ex sindaco di Firenze ha difficilmente fallito.

NCD pronto al disarcionamento

Il futuro dell’esecutivo passa inevitabilmente dall’evolversi della vicenda Alfano. L’inchiesta Labirinto e le intercettazioni, hanno portato alla ribalta dell’opinione pubblica i legami tra il faccendiere Raffaele Pizza e i primissimi parenti del ministro (il padre e il fratello).

Nonostante le pressioni da parte delle opposizioni il titolare all’Interno ha rispedito al mittente la richiesta di dimissioni. In suo soccorso è arrivato il capogruppo del PD alla Camera, Ettore Rosato: “Le cose che leggiamo non coinvolgono né il suo lavoro, né la correttezza del suo comportamento”. Un intervento sì che ha contribuito a calmare le acque in casa Nuovo Centrodestra, ma che non è certo servito a neutralizzare lo slittamento dei centristi verso antichi lidi.

Alfano o non Alfano, infatti, qualcosa è cambiato all’interno dell’area di maggioranza. Ben 5 senatori vicini a Renato Schifani hanno già definito, senza troppi giri di parole, l’esperienza al governo terminata.

Il segnale arriverà presto

La goccia che ha fatto traboccare il vaso per i dissidenti di NCD è stata l’ostinazione di Renzi a non voler rimettere mano al premio di coalizione dell’Italicum.

Ad aggiungersi ai malumori dei centristi la seta di vendetta dei verdiniani di ALA, che non hanno certo dimenticato la scomunica pubblica del premier sull’intesa siglata alla vigilia delle amministrative. Della cosiddetta fronda NCD (pronta a rientrare in Forza Italia) hanno già salutato la compagnia i senatori Esposito, Azzolini e Formigoni. L’ex governatore della Lombardia, in particolare, ha precisato che lo scoppio del caso Alfano ha solo rallentato un processo già in atto: “A giorni dovremmo riunirci e io proporrò l’appoggio esterno perché la nostra funziona al governo è finita”. A essere stato già fissato è però l’atto che consacrerà la rivolta dei malpancisti: è la votazione a del bilancio degli Enti Locali. La sua mancata approvazione, aprirà ufficialmente la crisi di governo.