Il Cile non avrà un altro Allende alla 'Moneda'. La senatrice Isabel Allende Bussi, figlia del presidente Salvador Allende, ha fatto un passo indietro e, tramite un comunicato stampa, ha reso noto che non correrà per le primarie che sceglieranno il candidato presidente della Repubblica per le elezioni del prossimo anno. "Qualche mese fa ho messo il mio nome a disposizione del partito - scrive la Allende nel comunicato - per una possibile candidatura alle presidenziali all'interno della nostra coalizione politica. Dopo una lunga riflessione, ho deciso di non perseguire in questa decisione".
Le motivazioni del ripensamento
La decisione della figlia di Salvador Allende, il presidente socialista deposto dal golpe militare del 1973 e morto suicida all'interno del palazzo della Moneda, è arrivata dopo un incontro con Ricardo Lagos, alla guida del Paese dal 2000 al 2006 e principale candidato del Partito Socialista alle primarie per le presidenziali. Possibile che, alla base della scelta dell'ex presidente del Senato, ci sia la volontà di non 'spaccare' il fronte socialista considerato che la notizia della sua candidatura, oltre ad aver fatto il giro del mondo, aveva destato i sentimenti di tanti nostalgici, reduci e sopravvissuti alla feroce dittatura, ma anche di tanti giovani che non hanno vissuto il periodo più buio della storia del Cile.
Salvador Allende, primo leader marxista democraticamente eletto in un Paese dell'America Latina, è ancora oggi un simbolo e la candidatura della figlia allo scranno più alto di Santiago era sicuramente molto forte. Non è comunque chiaro se Isabel Allende sceglierà di sostenere Ricardo Lagos alle primarie. "Continuerò le mie funzioni di presidente del Partito Socialista - ha aggiunto - ed uno dei miei compiti sarà quello di creare un meccanismo democratico per definire la nostra candidatura alle prossime elezioni.
La mia decisione - ha aggiunto - non è associata con l'adesione ad una qualsiasi offerta (intesa come sostegno ad un'altra candidatura, ndr), il mio ruolo è quello di garantire l'unità del partito".
La crisi della sinistra latinoamericana
In tanti avevano visto la candidatura di Isabel Allende,donna di grande esperienza politica al di là del cognome pesante che porta, come una possibilità di fuoriuscita dal tunnel per le forze progressiste latinoamericane.
Il vento di sinistra ha smesso di soffiare da un pezzo nel continente, dopo la morte di Hugo Chavez e le difficoltà del suo successore, Nicolas Maduro, in Venezuela; dopo gli scandali che hanno travolto Lula Da Silva e Dilma Rousseff in Brasile e dopo il fallimento di Cristina Kirchner in Argentina. Fa storia a parte Evo Morales, il primo presidente 'indio' della Bolivia che guida il Paese dal 2005 ma che non potrà più ripresentarsi in candidatura per le presidenziali del 2019, visto che la Costituzione non permette al presidente più di tre mandati consecutivi e la riforma proposta dallo stesso Moralese è stata bocciata per un soffio dai boliviani nell'apposito referendum. In realtà, la sinistra cilena non ha mai aderito al 'neobolivarismo' che aveva accomunato alcuni tra i principali Paesi sudamericani e la candidatura di Isabel Allende avrebbe fatto storia a sé.
Critici, esperti di politica ed intellettuali l'avevano accolta come la possibilità di cicatrizzare una ferita ancora aperta per il Cile, nonostante siano passati ventisei anni dalla fine della dittatura, periodo nel quale molti problematiche emerse in tutta la loro gravità durante il regime di Augusto Pinochet sono state tutt'altro che risolte. Ma 'Las venas abiertas de América Latina', le vene aperte e sanguinanti di un continente descritte nel citato e celebre saggio di Eduardo Galeano nel 1971 (dunque ben prima delle feroci dittature in Cile ed Argentina, ragion per cui lo scrittore uruguaiano è stato definito 'profetico'), sono ancora ben lungi dall'essere chiuse.