Si o No speciale referendum. Questo il titolo che Bruno Vespa dà all’edizione straordinaria di Porta a Porta in vista del voto del 4 dicembre. Nell’arena dello scontro, 3 esponenti per la fazione del si, Giovanni Toti (presidente regione Liguria, Forza Italia), Giorgia Meloni (presidente di Fratelli d'Italia), Alfredo D’Attorre (Sinistra Italiana), e 3 per la fazione del No, Matteo Renzi (presidente del Consiglio), Beatrice Lorenzin (ministro della Salute), e Flavio Tosi (sindaco di Verona, NCD). Alle spalle di entrambi i gruppi, un cronometro imperioso, perché, anche nell’ambito sempre più cinico e lussureggiante della Politica, il tempo rimane l’unico vero galantuomo, uguale per tutti.
L’idea del conduttore è di partire e sviscerare in maniera quanto più sistematica i 5 articoli cardine del referendum costituzionale. Tentativo che alla lunga cede il passo ad un dibattito acceso quanto stimolante per protagonisti e spettatori. Il primo punto è subito terreno di contrasti: fine del bicameralismo perfetto. Il No è compatto nel promuovere la riforma come l’annullamento totale del senato, senza il beneficio dello snellimento dell'iter legislativo, a detta di Meloni e D’Attorre mirabilmente rapido quando voluto. Lorenzin risponde per il Si portando un esempio di una riforma da lei stessa proposta al Parlamento nel lontano giugno 2013, e che ha finito il corso al Senato pochi mesi fa.
Proprio la sanità gioca un ruolo clou nel dibattito, essendo un tema senza colori politici ma di interesse dell’intero paese. Ciò che il ministro e il premier premono di sottolineare è come il 5 dicembre possano scomparire le disparità a volte dirompenti tra le diverse regioni, con il trionfo del Si. Tema che vale per l’ambito sanitario, quello delle infrastrutture, e poi le questioni immigrazioni, energia, protezione civile: argomenti di attualità.
Concretezza che cerca di mantenere anche Tosi, che in tutta onestà conferma di essere all’opposizione rispetto a un governo governato da coloro con cui condivide il lato. Il leit motiv del sindaco di Verona è che confindustria, confcommercio, confesercenti, la maggior parte di artigiani e agricoltori votano SI. Ovvero, che il cuore dell’Italia che lavora, che funziona, è a favore di una riforma che migliora la governabilità, e quindi l’economia.
Posizione ribattuta da Toti, che porta dalla sua testimonianze di esponenti dello stesso ceto medio basso della società, che a Renzi dicono no. Proprio questo è un po’ il fulcro del dibattito andato in onda su Rai 1 e del referendum in generale: è un voto su Matteo Renzi? Assolutamente no, come ripete più e più volte il segretario PD con la sua consueta teatralità, pur riconoscendo (e su questo tutti i 6 politici concordi) il suo errore nel porsi oggetto di voto. La riforma, dice il premier, è una sorta di scelta: chi vota si apre le braccia al futuro, chi vota No gli sbatte la porta in faccia. Affermazioni su cui Meloni e Toti dissentono, affermando di come lo stato già preoccupante in cui imperversa l’Italia verrebbe peggiorato da una riforma raffazzonata, e D’Attorre ripropone il concetto di come quando si è voluto le azioni le si sono sempre fatte in tempi brevi e a maggioranze convinte.
Altri punti di scontro sono stati la riforma del senato e l’articolo V, in un botta e risposta che ci accompagnerà fino ai primi di dicembre. Ciò che ci preme ricordare, è come l’Italia - e in questo entrambi i fronti concordano- sia solida, e vinca il si o il no, il nostro Paese ha le carte in regola per scalare quelle gerarchie che la vedono carente in troppi settori.