“Ma chi rappresenta quel 60% di italiani che sono andati a votare No nel mondo della carta stampata e delle grandi televisioni? Chi aveva capito che stava montando questa rabbia? Chi l’aveva capito che la gente non voleva una riforma della Costituzione scritta da un branco di analfabeti?”. Quelle che avete appena letto sono solo alcune delle domande retoriche poste dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, durante la maratona Mentana andata in onda nella notte del referendum. Concetto rafforzato nell’editoriale vergato oggi sul suo giornale, dove vengono elencati i titoli completamente fuori fase (le cosiddette post-verità) usciti sulle prime pagine dei ‘giornaloni’ durante la campagna elettorale.

Giornalisti, incapaci o in mala fede, il cui mestiere dovrebbe essere proprio quello di “interpretare” la volontà popolare.

Travaglio contro l’establishment politico, economico, giornalistico e intellettuale italiano

Il direttore del Fatto Quotidiano pubblica un elenco ragionato dei titoli apparsi sulle prime pagine dei giornali e il quadro che se ne ricava risulta quasi grottesco. “Molti degli indecisi nel segreto dell’urna preferiscono le nuove regole, soprattutto nel centrodestra”, scriveva La Stampa, praticamente inventandosi la notizia, il 24 novembre. Lo stesso quotidiano torinese riportava, senza commento, le parole di Matteo Renzi convinto, bontà sua, che “i sondaggi sbagliano”. Sempre il giornale sabaudo segnalava che la Boschi “dà la carica, in questi tre giorni ce la facciamo”, ma anche un inesistente “risveglio del Si”.

Post-verità raccontate anche in campo finanziario: “Tremano le banche”.

Passando a Repubblica, il 7 novembre Gianni Guelfi ‘trombettava’ che “alle elezioni Matteo taglierà Bersani e i suoi, è quel che aspettiamo da 7 Leopolde”. Concetto rafforzato, sullo stesso quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, dal renziano Giuliano da Empoli, sicuro che l’ormai quasi ex premier “spinge per un’azione di cambiamento e rottura”.

Rimarrà nella storia del giornalismo la considerazione del quotidiano diretto da Mario Calabresi secondo cui la “discesa in campo di Prodi ha sicuramente mosso le acque e convinto un numero rilevante di cittadini a votare Si”.

Discorso a parte va fatto per il ‘caso giornalistico’ rappresentato da Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio.

Cerasa ha cercato fino all’ultimo di convincere Silvio Berlusconi a dire Si persino con la discutibile argomentazione che la riforma renziana “sterilizzerà il potere dei giudici” e aiuterà a “sbarazzarsi una volta per tutte dell’Italia dello sfascio”. Premio speciale al Corriere della Sera che ha avuto il coraggio dare spazio al parere del famoso chef Massimo Bottura, quello che “se vince il No mi viene voglia di mollare tutto e andare all’estero”. Premio ‘balla dell’anno’ assegnato ex aequo per distacco a Repubblica e Il Messaggero che, l’1 e il 2 dicembre segnalavano un inesistente “boom di voti all’estero”. Citazione finale dedicata al “bacio della morte” dato al fronte del Si da Piero Fassino, Giuliano Ferrara e dal già citato Scalfari.