Siamo nel rush finale della campagna elettorale per il Referendum Costituzionale. Solo tre giorni e gli elettori saranno chiamati a sancire il loro verdetto su di una battaglia politica che ha catalizzato il lavoro dei partiti in questi ultimi mesi. Un tempo considerevole nel quale ci si è occupati poco o nulla dei veri problemi di questo Paese. Tuttavia l’ipotesi che lo scontro prosegua dopo lunedì non è una possibilità da escludere a priori. Anzi, che vinca o meno il fronte del Sì governativo, Matteo Renzi potrebbe essere tentato (con motivazioni differenti) dal rimettere il suo mandato di premier.
Due sono le ipotesi circolate a Palazzo Chigi: in caso di vittoria l’ex sindaco di Firenze potrebbe spingere per le elezioni immediate forte del consenso appena incassato; con una sconfitta, invece, Renzi lascerebbe il posto a un governo di larghe intese e a una fisiologica instabilità politica. Insomma, da qualunque prospettiva la si voglia guardare, la partita sul Referendum Costituzionale appare sempre più un passaggio verso una nuova campagna elettorale inevitabile.
La scelta di Prodi
A sorpresa, nella giornata di ieri, Renzi ha incassato il sostegno dell’ex premier Romano Prodi. Le parole affidate a mezzo stampa hanno fatto subito rumore perché in contrasto con la scelta espressa in precedenza di non partecipare allo scontro incrociato in atto.
“Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie (…) - ha spiegato Prodi - sento di dover rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento delle nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”. Un endorsement che ha creato non pochi sussulti in casa Partito Democratico, con Bersani e D’Alema uniti nel rivendicare il loro No all’impianto Boschi.
Chi invece prosegue a gran ritmo il suo tour televisivo a caccia di consensi è l’eterno nemico del fondatore dell’Ulivo, Silvio Berlusconi. “Se vincesse il Sì - ha affermato nel salotto buono di Bruno Vespa a Porta a Porta - sarebbe meglio espatriare in un altro Paese perché verrebbe meno la democrazia a causa di una riforma che creerebbe una dittatura”.
BuzzFeed e il M5S
Chi ha perso lo smalto iniziale della campagna elettorale trainata da Alessandro Di Battista è sicuramente il M5S. L’inchiesta sulle firme false di Palermo ha provocato dei grattacapi interni che lo stesso Beppe Grillo fatica ad arginare. Come se non bastasse, prosegue la polemica sulla cosiddetta macchina della propaganda grillina. Ieri, il sito americano BuzzFeed, ha accusato il M5S di essere “leader nel diffondere false notizie e fare propaganda per il Cremlino”. Scontata la replica cinquestelle affidata al blog del suo leader: “Le accuse di fare propaganda pro Cremlino o di diffondere notizie false è ridicola”. “In Italia - prosegue la nota - i produttori di bufale sono i giornali tradizionali e l’unica propaganda che fanno è quella pro Renzi e pro PD”.
A proposito del Referendum, invece, Grillo ha alzato il tiro negli ultimi giorni contro i cosiddetti risparmi derivanti dalla riforma: “Il M5S dalla sua nascita a oggi ha rinunciato, restituito e donato oltre 80 milioni di euro, il tutto senza stravolgere la Costituzione e senza aspettare nuove leggi”: