Mancano dieci giorni alle elezioni politiche nei Paesi Bassi, in programma il 15 marzo, in cui i cittadini sceglieranno il nuovo parlamento. L'appuntamento elettorale sta destando meno clamore mediatico rispetto alle presidenziali francesi (primo turno il 23 aprile) ed alle federali tedesche (24 settembre), ma non per questo è meno importante. Il voto olandese è guardato con occhi timorosi da Bruxelles, considerata l'ascesa di una forte corrente euroscettica in un membro storico dell'Unione Europea.

Olandesi a favore della 'Nexit'

'Bruges Group' è una 'think tank' britannica, un'organizzazione politica indipendente.

Recentemente ha commissionato un sondaggio relativo alla possibile uscita dell'Olanda dall'Unione, elaborato da peil.nl. I risultati non sono certamente positivi per Bruxelles, perché oltre la metà dei cittadini sarebbe favorevole all'eventuale 'Nexit'. Il 27 %, infatti, vuole la fuoriuscita dall'UE, ma con un accordo sul trattato di libero scambio, mentre il 23 % vuole uscire dall'UE ma restare nel Mercato Comune. Gli europeisti convinti rappresentano il 39 % del campione intervistato, c'è anche un 11 % di indecisi.

Wilders, il 'Trump olandese'

Inutile dire che il 'personaggio' delle prossime elezioni olandesi è lui. Geert Wilders è il leader del Partito della Libertà, forza politica di estrema destra.

Lo hanno soprannominato il "Trump olandese" e con il nuovo presidente degli Stati Uniti condivide idee dichiaratamente islamofobe oltre allo scarso 'politically correct'. Fino a poche settimane fa, i sondaggi lo davano in vantaggio nei confronti dei liberali, rappresentati dal Partito Popolare del primo ministro Mark Rutte.

Attualmente sarebbero testa a testa con un lieve vantaggio da parte del premier. Ad ogni modo la perdita di cosensi nei confronti della maggioranza, rappresentata, oltre che dai citati liberali, anche dai laburisti e dai cristiano democratici, è stata netta nell'ultimo quinquennio, tanto da 'resuscitare' politicamente Wilders che aveva subito un forte calo nella tornata elettorale del 2012 rispetto al voto di due anni prima (10,1 contro 15,4 %).

I sondaggi attuali danno invece il partito di Rutte con una flessione di quasi 10 punti percentuale nel paragone con il 2012 ed i laburisti al tracollo con oltre 14 punti percentuale in meno.

Olanda... all'italiana

Facile ipotizzare che una parte dei consensi venuti meno alla maggioranza siano confluiti verso l'estrema destra, ma il vero rischio non è tanto la vittoria del fronte populista ed anti-UE quanto una vera frammentazione del voto che renderebbe il Paese ingovernabile. In base alla media degli ultimi sondaggi, i liberali di Rutte sarebbero al 16,3 % contro il 15,7 di Wilders. Ci sono ancora dieci giorni di tempo per modificare queste percentuali ma difficilmente ci sarà un partito che andrà oltre il 20 %.

Più che il modello 'Brexit', quello a cui va incontro l'Olanda è un modello di 'macedonia politica' all'italiana, ciò che si verificherebbe nel Belpaese qualora si andasse al voto entro l'anno solare. Facendo le dovute considerazioni, l'unico risultato concreto delle spinte populiste in Europa, almeno finora, è il caos politico che determina l'impossibilità di creare governi stabili e coerenti, la molla da cui scaturiscono i 'governi non eletti dal popolo', tanto per citare un mantra di grillina o salviniana memoria, ovvero sia le maggioranze di larghe intese. Il problema sarebbe superato se i populisti europei si convertissero alle larghe intese, ma a questo punto potrebbero essere 'costretti' a governare e c'è il rischio di scoprire che è più facile mettere a nudo gli altrui difetti, piuttosto che iscrivere il proprio nome nell'albo d'oro dei meriti.