Per chi ha seguito il Calcio negli anni novanta il nome di George Weah riporta alla mente bei ricordi, soprattutto ai tifosi del Milan, innamorati delle sue prodezze sportive (nonostante molti si siano sentiti “traditi” dalle sue recenti dichiarazioni sulla Juventus). Inutile dire che in tutta l’Africa venga considerato un vero e proprio mito essendo stato il solo giocatore africano ad aver vinto il Pallone d’oro nel 1995.
All’età di 50 anni, George Opong Weah o “Mister George”, come viene affettuosamente chiamato dai suoi fan, potrebbe diventare anche il primo Pallone d’oro ad essere eletto Presidente della Repubblica di una nazione, la Liberia.
Si, perché George da ben 12 anni è entrato attivamente nella politica del suo paese e ha già partecipato a due diverse campagne elettorali uscendone in entrambi i casi sconfitto. Nel 2005 si candidò come presidente, ma perse al secondo turno (nel primo aveva vinto con il 28,3% dei voti) contro l’attuale presidentessa uscente, la 78enne Ellen Johnson Sirleaf. La seconda volta partecipò come candidato alla vicepresidenza per Winston Tubman che però non riuscì a spuntarla sempre sulla Sirleaf.
Oggi il grande George è pronto per un terzo tentativo e, come già annunciato da lui stesso in un’intervista esclusiva a Africanews nell’aprile del 2016, sarà in corsa per le prossime elezioni presidenziali liberiane che si terranno in ottobre.
Verosimilmente si tratterà dell’ultimo treno per dare una vera svolta alla sua carriera politica, ma l’ex-campione non sembra preoccupato, anzi, appare molto sereno e sicuro che i liberiani siano dalla sua parte perché desiderosi di un cambiamento, specie quelli più giovani.
E questa volta potrebbe esserci davvero qualche possibilità in più per George dato che la sua eterna avversaria Sirleaf non può ricandidarsi, avendo guidato il paese per due mandati consecutivi.
Dovrà però incrociare le spade con Joseph Boakai, l’attuale vicepresidente, che sarà il suo principale avversario che sarà appoggiato dal vecchio establishment. A differenza delle prime due elezioni alle quali ha partecipato, Weah questa volta non correrà da solo con la formazione politica da lui fondata, il Congress for Democratic Change (CDC), ma guiderà una coalizione di tre partiti.
La sua immagine è ancora integra agli occhi dell’opinione pubblica è ancora integra e ben voluta, l’unico punto debole potrebbe essere la mancanza d’esperienza che in passato lo ha reso poco credibile.
L’uomo della gente La scorsa settimana era di passaggio a Parigi ed è stato intervistato dal mensile Jeune Afrique e dall’emittente Radio France Internationale. Rispondendo ai quesiti dei giornalisti che gli chiedevano quali fossero i motivi che hanno portato alle sconfitte passate, Weah ha risposto affermando che le precedenti elezioni non sono state trasparenti: “Inizialmente dissero che avevamo vinto, poi cambiarono posizione…C’era un problema, ma noi non abbiamo contestato i risultati per ben due volte anche se sapevamo delle irregolarità.
Non volevamo di nuovo la guerra. Io sono un uomo di pace…Siamo stati derubati perché avremmo vinto. Speriamo che il voto di ottobre si svolga correttamente”, ha detto a Jeune Afrique. Weah si è detto fiducioso anche perché la sua coalizione ha un buon progetto e con le esperienze passate sa come vincere. “Io sono la scelta dei liberiani – dice Mister George – so che mi sceglieranno perché vogliono il cambiamento”.
Riguardo alla sua credibilità come politico Weah sostiene di rappresentare da anni “l’immagine della Liberia”, di aver lavorato tutta la vita in maniera onesta e di aver aiutato la sua gente, cosa che ha intenzione di continuare a fare. A suo favore va detto che da tempo è ormai senatore della contea nordoccidentale di Montserrado, quindi non è completamente privo di esperienza amministrativa come poteva risultare nel 2005.
L’ex-campione ha anche colto l’occasione per criticare la presidentessa uscente: “Sirleaf aveva promesso delle cose alcune delle quali non sono state mantenute. Nella lotta alla corruzione ad esempio non è stato fatto nulla, come per i trasporti e la sanità. In 12 anni al potere non ha fatto grandi cose”. I suoi oppositori recentemente lo hanno accusato di essere amico dell’ex-presidente Charles Taylor, condannato nel 2013 dalla Cpi a 50 anni di prigione per crimini di guerra e contro l'umanità commessi durante il conflitto della vicina Sierra Leone, ma Weah ha negato qualsiasi legame.
Liberia: una nazione difficile. Molti sarebbero gli ostacoli che l’ex-campione di calcio dovrebbe affrontare amministrando un paese poverissimo che deve ancora ripartire dopo più di 20 anni di guerra civile.
Tirare calci a un pallone è fondamentalmente un gioco, ma gestire una nazione, specie in Africa, non è per nulla facile e non è detto che “un buon calciatore sia automaticamente un buon presidente” come dicono i suoi oppositori.
La Liberia, un piccolo stato sulla costa dell’Africa occidentale, è stata afflitta da due guerre civili 1989–1996 e 1999–2003 che hanno distrutto la sua economia oltre ad aver causato migliaia di vittime e profughi. Come se non bastasse l’epidemia di ebola che, tra il 2013 e il 2016, ha colpito l’Africa occidentale (la Liberia è stata dichiarata “ebola-free” nel maggio del 2015), oltre ad aver causato più di 5000 vittime liberiane, ha messo di nuovo in ginocchio la sua debole economia con conseguenze che avranno lunghi strascichi.
Settori strategici come l’agricoltura e il minerario sono stati messi a dura prova. Export e import sono stati bloccati per paura del contagio. I trasporti, le attività produttive e il commercio si sono fermati a causa della quarantena imposta dalle autorità, causando l’aumento della disoccupazione, e la sanità pubblica è letteralmente collassata.
“Mister George” dice che le priorità del suo governo saranno educazione, sanità, sicurezza e soprattutto l’agricoltura, settore in cui spera di creare impiego. Ma le proposte appaiono abbastanza prive di vera sostanza per ora, ma potrebbero concretizzarsi nel corso della campagna elettorale. In ogni caso non è da escludere che Weah realizzi questa impresa inedita, d'altronde la Liberia è il paese delle prime volte: è stata la prima colonia di ex schiavi afroamericani rientrati dagli Stati Uniti nel 1822 e il suo popolo ha eletto la Sirleaf, prima donna Capo di Stato in Africa (e Premio Nobel per la Pace nel 2011). Può tranquillamente ripetersi.