In occasione della puntata di questo martedì 18 luglio di "In onda" su La7 è intervenuto fra gli altri il noto magistrato Piercamillo Davigo, già Presidente della Corte suprema di Cassazione ed ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Vediamo le parti principali di quello che ha detto.
'Non è vero che immigrati commettono più reati degli italiani, anzi i regolari ne fanno di meno'
In particolare all'inizio Davigo è stato interpellato dai conduttori Telese e Parenzo sul tema dell'immigrazione, su cui il magistrato ha detto: "La gran parte dei problemi di questo paese viene dall'imprevidenza della classe dirigente, io non so se ci sono altri paesi in cui la classe dirigente si distingue per così tanta imprevidenza e questo è vero su tutto, compresa l'immigrazione.
Quando a inizio degli anni Novanta si è iniziato a porre un problema di necessità dell'immigrazione dal punto di vista economico, sia per motivi demografici sia perché una serie di italiani non volevano più fare alcuni lavori, un paese accorto avrebbe iniziato a rilasciare i Visti selezionando gli immigrati; invece se non i rari casi questo non è accaduto. Il risultato è stata una forte immigrazione clandestina, con sanatorie fatte da tutti i governi. Sanatorie che non sono arrivate solo sull'immigrazione, ma anche ad esempio su edilizia e fisco; sanatorie che spesso portano con sé ricadute poco positive. Tutto ciò ha portato il fenomeno a essere difficilmente controllabile e ora forse non lo è probabilmente più".
A una domanda sul rinvio dell'approvazione dello Ius soli, Davigo ha detto che esso: "Dipende dal fatto che l'opinione pubblica è innervosita anche comprensibilmente, perchè un fenomeno di questo genere spaventa soprattutto i soggetti più deboli, come gli anziani e chi vive nelle zone disagiate". Poi il magistrato rispondendo alla domanda se è vero che gli immigrati commettono più reati rispetto agli italiani, ha detto: "Questo non è vero neanche un po', anzi gli immigrati regolari sono decisamente meno devianti rispetto agli italiani perché sanno che rischiano il non rinnovo del permesso di soggiorno, quindi non è vero che delinquono di più".
'Ecco perché i magistrati non dovrebbero entrare in politica'
In seguito Davigo è stato interpellato sul ruolo dei magistrati in Politica e ha spiegato i motivi per i quali, a suo avviso, è inopportuna la discesa in campo di chi proviene dalla magistratura: "Ci sono due modi per conferire incarichi pubblici, il criterio di competenza e quello di rappresentanza, noi eleggiamo con il primo criterio un sindaco mentre con il secondo scegliamo un chirurgo.
Ecco, i magistrati sono scelti con competenza così come tante altre professioni. Il problema è che i magistrati a differenza di tutti gli altri mestieri hanno le guarentigie per potere non tener conto di ciò che pensa l'opinione pubblica su ciò che fanno e quindi, secondo me, hanno un'innata difficoltà a gestire il consenso perché ci sono abituati. Il problema dell'Italia è che c'è un alto tasso di faziosità: quando un magistrato entra in politica rischia di gettare un'ombra su quello che ha fatto prima e poi quando rientra rischia di perdere credibilità: prendiamo atto che questo è il pensiero dell'opinione pubblica. Detto questo è paradossale che la politica ce l'abbia coi magistrati che fanno politica perché per candidarsi occorre che ci sia qualcuno fra i politici pronto a candidarli.
Per questo l'ANM ha chiesto al Parlamento di stabilire che quando un magistrato torna in servizio dopo aver fatto politica non abbia poi incarichi giurisdizionali e che facciano altre cose. Ovviamente non si possono togliere i diritti politici ai magistrati, quello si fa coi delinquenti, ma è comunque una questione di opportunità'.