La minoranza etnica più perseguitata al mondo, il popolo meno desiderato della terra. Protagonisti di un caso di polizia etnica da manuale. Così il popolo rohingya viene definito da Zeid Ra' ad Al Hussein, a capo della sezione diritti umani delle Nazioni Unite.

Le origini dei Rohingya

La questione è annosa e si perde nelle nebbie polverose della storia. Tutto è iniziato, se proprio si vuole cercare un'origine, quando lo Stato di Rakhine, dove i Rohingya vivono da secoli, è stato conquistato e annesso al Myanmar, da cui è separato da una catena montuosa, nel 1784.

Diventato poi parte dell'impero Britannico, è rimasto parte dell'allora Birmania dopo l'indipendenza. Le origine dei Rohingya sono, tuttora, piuttosto incerte: una teoria li vuole originari dello Stato di Rakhine, mentre un'altra ipotesi, la più accreditata, li crede discendenti di un gruppo di mercanti musulmani originari dell'allora Bengala ed emigrati in loco durante il periodo coloniale. La loro lingua è strettamente imparentata al dialetto che ancora oggi si parla a Chittagong, oggi Bangladesh, e, lontanamente, alla lingua bengali. Sulla base di questa presunta estraneità della popolazione Rohingya al territorio birmano, poggia la politica del governo di Naypyidaw. Pur essendo, di fatto, cittadini del Myanmar, i Rohingya sono stati privati della nazionalità birmana, non riconosciuti come uno dei 135 gruppi etnici che vivono all'interno del paese e fatti oggetto di una campagna persecutoria: moschee distrutte, terre confiscate, stupri etnici ed omicidi hanno costretto più di 200mila persone alla fine degli anni Settanta ad abbandonare il paese ed a rifugiarsi all'estero in cerca di pace.

I rimanenti sono stati dichiarati stranieri residenti privi di qualsiasi diritto. Secondo una legge del 1982 ai Rohingya non è concesso viaggiare senza un permesso speciale, non possono possedere terre o proprietà immobiliari, sono soggetti a limitazioni del regime legale in materia di matrimoni e sono costretti a firmare, quando si sposano, un impegno a non mettere al mondo più di due figli.

Sono soggetti a vere e proprie estorsioni ed a lavorare in regime di semi-schiavitù alle dipendenze dell'esercito e del governo.

Pulizia etnica

Nell'ultimo anno, le operazioni di pulizia etnica del governo birmano si sono ripetute con allarmante frequenza: tra il 9 ottobre ed il 2 dicembre 2016 sono arrivati a Cox Bazaar, in Bangladesh, 21mila Rohingya in seguito all'ennesima ondata di violenza perpetrata, ripetutasi, poi, nell'agosto di quest'anno come ritorsione per un attentato ad un check point da parte di un gruppo di militanti Rohingya.

Secondo le Nazioni Unite il Myanmar ha raso al suolo 285 villaggi ed ucciso un numero ancora imprecisato di persone. In seguito agli attacchi, dal 25 agosto in poi sono arrivati in Bangladesh circa 500mila Rohingya, metà della popolazione totale stimata. Stimata perchè ad oggi nessuno sa quanti siano, dato che sono stati esclusi dall'ultimo censimento fatto da Naypyidaw nel 2014. Minoranza etnica che è presente e continua a sopravvivere, ma è totalmente assente sulla carta. Un popolo di fantasmi.

Comunità internazionale e allarme terrorismo

Per la prima volta, e dopo molto tempo, la comunità internazionale si è mossa in favore di questa minoranza etnica chiedendo persino di ritirare il premio Nobel per la Pace ad aung san suu kyi che, da quando è stata liberata ed è successivamente andata al potere, non ha mai speso una parola in favore dei Rohingya.

Nel corso degli anni è, purtroppo, accaduto quello che non era difficile prevedere: i campi profughi abbandonati e dimenticati, sono diventati bacini privilegiati di reclutamento per vari gruppi jihadisti. Ci sono Rohingya che combattono ormai in Kashimr a fianco della Jaish-i-Mohammed e della Laskar-i Toiba: i legami con i gruppi terroristici di matrice pakistana sono ben consolidati, tanto che a capo di uno dei gruppi si trova un maulana pakistano di origine Rohingya. Facendo leva sull'emergenza terrorismo, il premier indiano Narendra Modi ha dichiarato di voler espellere tutti i rifugiati Rohingya, più di 20mila persone, che si trovano all'interno del territorio indiano.