Dopo aver atteso invano la coalizione di Centrodestra, Angelino Alfano ha rotto gli indugi scendendo pubblicamente in campo al fianco di Fabrizio Micari. Una decisione contestata, quella del ministro degli Esteri, che ha rifiutato ancora una volta di sedersi allo stesso tavolo del nemico giurato Matteo Salvini. Eppure le regionali siciliane potrebbero fungere da vero e proprio spartiacque per il destino politico del partito di Alfano, alternativa popolare. Se dalla sua discesa in campo non dovessero arrivare riscontri numeri confortanti in quella che resta la sua antica roccaforte elettorale, allora anche la sua forza di contrattazione ne uscirebbe fatalmente ridimensionata in vista delle governative del 2018.

L’ex erede politico (o meglio il delfino) di Silvio Berlusconi, ci ha tenuto a togliersi un sassolino dalle scarpe attaccando indirettamente proprio il capo della Lega. “La Sicilia è tornata di moda dopo anni difficili - ha affermato all’atto della presentazione dei candidati collegati alla sua lista - ma abbiamo scelto Micari perché già amministra la più grande azienda pubblica della Sicilia, l’università di Palermo”. Una scelta, quella di correre a braccetto del Partito Democratico di Matteo Renzi, che punta a opporsi al fronte populista incarnato da M5S e Carroccio: “Ap è contro gli estremisti che sanno solo urlare”.