L'errore a monte è quello di credere che Forza Italia possa sopravvivere al suo fondatore e leader, politicamente parlando. Stiamo parlando di un partito fondato nel 1994 con l'unico scopo di condurre Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Ventiquattro anni dopo, il cavaliere era consapevole che quella del 4 marzo 2018 sarebbe stata la sua ultima occasione per tornare al governo, ma su di lui pendeva la spada di Damocle di un pronunciamento della Corte Europea sulla sua candidabilità che, probabilmente, ha pesato in maniera decisiva sui risultati elettorali.

Forse le cose sarebbero andate in maniera diversa alle urne, se Berlusconi avesse avuto l'opportunità di condurre la campagna elettorale da candidato premier, forse no. Non abbiamo prove per smentire o confermare questa ipotesi, l'unica certezza è che oggi Forza Italia non è più il traino del centrodestra.

Scacco al re

Su determinate prese di posizione dichiaratamente estremiste non siamo mai stati molto teneri con Salvini, ma oggi dobbiamo dargli atto di una mossa temeraria che ha letteralmente messo al muro lo storico alleato. Quella che sembrava una palese rottura, la scelta di votare Anna Maria Bernini per la presidenza del Senato, è stato invece un metodo 'brutale' per costringere Berlusconi a cambiare registro.

Il segretario del Carroccio era consapevole che l'insistenza del cavaliere sulla candidatura di Paolo Romani rischiava di rompere l'intesa raggiunta con il M5S per la presidenza delle Camere. Motivo per cui l'affondo e la mediazione successiva, quella che ha portato allo scranno più alto di Palazzo Madama la senatrice Elisabetta Alberti Casellati, è un colpo da maestro di Matteo Salvini che ha dato alla controparte una sorta di contentino.

Ma già nelle ore successive all'elezione, i malumori delle truppe berlusconiane erano palesi. Il timore più grosso è che il progetto nemmeno tanto velato del leader leghista, quello di un partito unico di centrodestra, sia già in atto. Inutile dire che sarebbe la morte politica di Forza Italia. Quanto accaduto non è stato proprio digerito, in primo luogo da Paolo Romani.

"Salvini ha fatto le nostre veci e noi lo abbiamo permesso, lui non è il leader del centrodestra", ha sottolineato l'ex papabile presidente del Senato. Dichiarazione poco attinente alla realtà dei fatti, considerato che gli accordi pre-elettorali avevano stabilito la leadership della coalizione al partito più votato. Berlusconi, dopo il confronto con un alleato decisamente scomodo, ha ribadito di nutrire la "massima fiducia nei confronti di Salvini": i toni sono molto diversi da quelli usati venerdì sera. C'è anche chi dà l'impressione di voler abbandonare una nave che imbarca acqua. Renato Brunetta, ad esempio, che ha annunciato via Twitter l'intenzione di rinunciare all'incarico di capogruppo forzista alla Camera.

Tra i deputati che potrebbero prendere il suo posto circola il nome di Maria Stella Gelmini, mentre per il ruolo di capogruppo al Senato sembrerebbe favorita Anna Maria Bernini. Alla fine nessuno ha il carisma e lo spessore politico del cavaliere degli anni d'oro e nessuno ha la capacità di risollevare le sorti di un partito sul viale del tramonto. Il vecchio re è nudo, mentre l'aspirante sovrano possiede un numero inverosimile di felpe.