Siamo all'ennesima svolta nella crisi che, tra alterne coalizioni, si consuma in Siria da almeno 7 anni. Afrin, la città nord occidentale ai confini con la Turchia, è caduta sotto il controllo turco, nell'ennesimo gioco di forze armate che, nell'ultima partita, ha visto tra i vincitori le forze anti-curde turche, alleatesi dal 20 gennaio scorso con l'Esercito siriano libero. Ma in questo dramma siriano, al di là dei vincitori del momento, ciò che emerge con spietato e crudo realismo è il dramma di un popolo in ostaggio della politica e vittima degli interessi del più forte.
Afrin concquistata dai turchi
Di domenica scorsa (18 marzo) la notizia relativa all'assedio turco della città di Afrin. La città nel 2012 era passata sotto il controllo dell'YPG, un'organizzazione nata per garantire l'autonomia del Kurdistan siriano, per contrastare il regime di Assad e in difesa dagli attacchi Isis. Contro l'Ypg era nata poi il 20 gennaio scorso la coalizione chiamata 'Ramoscello d'ulivo' in cui erano riunite le forze turche e l'Esercito libero siriano. Una coalizione militare che aveva sancito l'accordo bombardando Afrin, il 20 gennaio scorso. All'indomani della caduta di domenica 18 marzo sotto l'offensiva turco-araba, si contano a centinaia di migliaia gli sfollati da Afrin e da Ghouta Est, mentre di pacifico l'offensiva sembra avere solo il nome.
Ypg e lotta all'Isis
Ciò che appare singolare in questa ultima fase della guerra siriana (che consegna Afrin ai turchi, ma è frutto di un'alleanza con gli arabi e sotto il benestare della Russia), è che sembra che adesso il vero nemico non sia più l'Isis, ma i curdi. Curdi che solo nel 2015 erano stati festeggiati come vincitori dell'Isis.
Il 26 gennaio 2015, infatti, era stato proprio grazie all'intervento dell'Ypg che la città di Kobane era stata liberata dai miliziani dello Stato islamico. Nel 2015, in particolare, il fatto aveva destato tanto più scalpore perché a vincere l'Isis erano state delle combattenti donne. Se l'Ypg era infatti nato per contrastare l'Isis e Assad, aveva anche la pretesa di contrastare le consolidate forme patriarcali, tipiche di alcuni modi di intendere l'Islam più radicale.
Prossima offensiva turca
A dispetto del numero dei morti e degli esodati di Afrin e di Ghouta (secondo i dati dell'Osservatorio siriano dei diritti umani, il 17 marzo scorso sono state oltre 20mila le persone evacuate da Ghouta Est) il presidente Erdogan ha difeso e glorificato l'esercito turco. Mentre il regime di Assad continua i bombardamenti delle terre intorno a Damasco, sembra che il prossimo step delle milizie turche sia la città a 50 km dalla Turchia, Kobane. Città sotto il controllo delle SDF, le forze democratiche siriane formate da curdi e arabi, che combattono l'Isis e sono appoggiate dagli Usa. Ecco perché in un prossimo futuro la Turchia potrebbe scontrarsi con l'alleato americano, che, in tal caso, dovrebbe schierarsi o con i curdi, o con i turchi.