Il 25 aprile il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto le celebrazioni per il 73esimo anniversario della Festa della Liberazione d'Italia. "La resistenza fa parte della nostra storia. Nata spontaneamente nelle città, nelle periferie, nelle campagne e sulle montagne, coglieva il bisogno di pace, di giustizia e di libertà. Ha ridato dignità alla Nazione'', ha affermato il Capo dello Stato, esortando il ricordo della Resistenza. Le alte cariche dello Stato si sono presentate all'Altare della Patria, e l'Anpi (l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) ha organizzato un corteo per le vie della città.

Pertini, il CLNAI e 'Milano Libera'

"Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire".

Con queste parole Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, ordinò l’insurrezione nei territori ancora occupati alla radio "Milano Libera'': si tratta del proclama diffuso alle otto del mattino del 25 aprile 1945 dal Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia. Le truppe tedesche e della Repubblica Sociale Italiana (RSI) cominciano la ritirata; le fabbriche vengono occupate così come la tipografia del Corriere della Sera, che sarà usata per stampare i fogli dell'annuncio della vittoria.

La Repubblica Sociale Italiana, conosciuta come la Repubblica di Salò, cade: Benito Mussolini scioglie dal giuramento militari e civili e abbandona Milano. Verrà catturato e fucilato dalla Resistenza il 28 aprile a Dongo, con buona parte del governo della RSI, per poi essere appeso per i piedi a piazzale Loreto. Una settimana dopo, il primo maggio, l’Italia settentrionale è liberata e il tre maggio segue la resa delle truppe nazifasciste.

La liberazione della penisola era iniziata nel 1943 con lo sbarco, durante l’estate, delle truppe alleate in Sicilia e con la sottoscrizione da parte del generale Badoglio dell'armistizio con le truppe alleate.

Resistenza e revisionismo

La festa patriottica celebra la resistenza di una minoranza armata; fu introdotta nel 1946 e da quella data sostiene i valori universali di libertà, democrazia e unità nazionale.

Però, a causa delle celebrazioni e commemorazioni di estrema destra e dell'identificazione nell'immaginario popolare del movimento di resistenza con il Partito comunista italiano, il sentimento di unità a volte è stato difficilmente percepito.

L’ondata revisionista che negli ultimi vent’anni ha investito la Festa della Liberazione e i fatti ad essa collegati ha sollevato non poche discussioni, contrapponendosi ad una monumentale retorica celebrativa della resistenza. Il revisionismo consiste nell’analisi di un evento storico sotto nuovi punti di vista e sulla base di nuove evidenze, tenendo conto di tutte le parti politiche in gioco come testimoni. Il termine diventa negativo quando o si riferisce alla manipolazione della storia per scopi politici, o si confonde erroneamente con negazionismo, teorie del complotto o pseudostoria.

Nel caso della Festa della Liberazione, la tendenza è quella di appoggiarsi al revisionismo per ridurre la portata dell’azione della Resistenza, rischiando di ricondurla ad un fatto più terroristico che altro.

"I libri di storia, ancora oggi condizionati dalla retorica della resistenza, saranno revisionati, se dovessimo vincere le elezioni. Questo è un tema del quale ci occuperemo con particolare attenzione". La dichiarazione del senatore Marcello Dell'Utri risale al lontano 2008 durante un'intervista rilasciata a Klaus Davi per KlausCondicio, ma costituisce un ottimo esempio per illustrare il rapporto del revisionismo con le azioni della Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale.

Cos'è la “retorica della resistenza''?

Un appoggio delle azioni partigiane considerato troppo entusiasta. Tuttavia l'unico rischio in cui potrebbe farci cadere questa "retorica'' celebrativa è quello di dividere la storia come se fosse una scacchiera, tra bianco e nero. Detto altrimenti, rischiamo di non vedere più che i partigiani non hanno liberato l'Italia da soli e che non tutti sono stati eroi, esattamente come non tutti i fascisti sono stati strettamente ligi al dovere e votati al partito. Questa divisione precipitosa e sistematica è ciò che il revisionismo dovrebbe impedirci di fare, ma solo se applicato in maniera pura, senza essere toccato da una qualsiasi forma di rancore - che inevitabilmente si infila in queste discussioni, poiché dopotutto la Seconda guerra mondiale è stata anche una guerra civile per l'Italia.

Il revisionismo, se applicato con coscienza, permette una visione più lucida su determinati periodi storici. Durante il il Rinascimento o il diciannovesimo secolo, per esempio, il Medioevo è stato rivisitato diversamente, eliminando parte di quella patina storia che lo limitava ad un periodo di guerre e regressione.

Il razionale, il reale e la concretizzazione della storia

Ora, secondo il filosofo tedesco W.G. Hegel, nessun fenomeno può essere compreso filosoficamente se non compreso storicamente. E' la base che gli permetterà di riassumere la sua filosofia storica nella frase "Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale" intendendo con questa che nella realtà non esiste niente che sia refrattario alla ragione e al pensiero.

Ogni avvenimento storico permette l'espressione di quella forma di spirito oggettivo che è lo spirito del mondo: persino, e anzi soprattutto le guerre. Quest'espressione dello spirito oggettivo nella storia costituisce lo sviluppo del genere umano - anche negli avvenimenti che sembrano contrari all'avanzamento morale, scientifico, intellettuale.

Lungi dal voler fornire una forma di giustificazione a fatti storici come il fascismo, l'obiettivo della riflessione è far comprendere che alcuni eventi storici fanno attualmente e attivamente parte della nostra storia, e sono la spontanea ed inevitabile reazione ad altri momenti ingiustificabili come il fascismo; ma che questo non gli conferisce, tuttavia, un'immunità rispetto alla critica e alla riflessione se condotta da un pensiero razionale e non schierato.

Ridurre l'attività della Resistenza ad un mero fatto terroristico non è una forma di revisionismo, quanto piuttosto un meccanismo che intacca ancora di più il sentimento di unità e che può rischiare di portarci a liquidare il fascismo come qualcosa del passato. Accettare invece che la Resistenza faccia parte della nostra storia è una forma di pacificazione, senza essere una forma di livellamento di ideali diversi e contrapposti.