Il netto ‘no’ a Paolo Savona come futuro Ministro dell’Economia da parte di Sergio Mattarella non è affatto un ‘unicum’ nella storia della Repubblica. Esistono infatti dei precedenti in cui un Capo dello Stato ha rimandato al mittente le proposte del Presidente del Consiglio incaricato, suggerendo a quest’ultimo una figura diversa da quella indicata. Il faro è l’articolo 92 della Costituzione, che recita così: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri».

L’inquilino del Quirinale, insomma, non è affatto un mero notaio messo lì a certificare semplicemente la sostanza di un accordo politico.

Ha un perimetro entro cui muoversi. Certo, resta il fatto che l’‘interventismo’ del Colle in questo senso si sia manifestato per la prima volta soltanto dopo Tangentopoli e con l’avvento della Seconda Repubblica. Siamo nel 1994, quando Silvio Berlusconi scende in campo con Forza Italia e vince le elezioni politiche diventando premier.

Previti troppo scomodo come Guardasigilli

Il Cavaliere allora, ricevuto l’incarico, propone il suo avvocato Cesare Previti come Ministro della Giustizia. Ma Oscar Luigi Scalfaro non ci sta: Previti andrà alla Difesa e al suo posto Berlusconi indicherà Alfredo Biondi, poi diventato Guardasigilli. Il motivo? Forse questa frase pronunciata da Previti in campagna elettorale: ‘Vinceremo e non faremo prigionieri’.

Troppo per chi deve andare ad amministrare la Giustizia.

Maroni e il ‘niet’ come Ministro della Giustizia

Stavolta siamo nel 2001. Berlusconi trionfa di nuovo col centrodestra, imponendosi sul centrosinistra guidato da Francesco Rutelli. Riceve l’incarico e mette sul piatto la candidatura dell’esponente leghista Roberto Maroni a Palazzo Piacentini.

Carlo Azeglio Ciampi però non ci sta e gli preferisce Roberto Castelli (sempre del Carroccio) con Maroni dirottato al Lavoro. Pare che il Capo dello Stato abbia rilevato in questo caso una sorta di incompatibilità tra la carica di Guardasigilli e l’inchiesta che ha visto il politico del Carroccio indagato per resistenza a pubblico ufficiale dopo essersi opposto ad una perquisizione disposta dal Procuratore di Verona.

Napolitano e il caso Gratteri

Il più recente dei ‘gran rifiuti’ risale al 2014. Renzi, pochi giorni dopo lo ‘stai sereno’ a Letta, sale al Colle e riceve l’incarico dal Capo dello Stato. Nella lista dei ministri, il giovane leader del PD include il PM anti-‘ndrangheta Nicola Gratteri come Guardasigilli. Giorgio Napolitano però è inflessibile: per il Presidente della Repubblica verrebbe violata una sorta di regola non scritta secondo la quale sarebbe impensabile che un magistrato sedesse sulla poltrona di Ministro della Giustizia. Una questione di opportunità che favorisce poi la nomina dell'uscente Andrea Orlando del PD.