Il disegno di legge, che porta il nome del senatore leghista Simone Pillon, intende apportare una serie di modifiche al diritto di famiglia. Toccando temi delicati come il divorzio, l'affido condiviso dei figli e la separazione, il ddl è stato affidato alla Commissione Giustizia del Senato lo scorso agosto. Secondo le intenzioni del suo primo firmatario, la riforma punterebbe ad un equilibrio fra le figure dei due genitori, superando in questo modo il conflitto familiare.

Mediazione genitoriale

Il ddl prevede la mediazione fra i due genitori per trovare un accordo nell'interesse dei minori coinvolti.

Il figlio ha, quindi, il diritto di salvaguardare un rapporto equilibrato sia con la madre che con il padre, ottenendo un'assistenza morale da entrambi. In questi termini il giudice dovrà garantire al minore di trascorrere tempi paritetici con i genitori. Si ripropone, inoltre, di contrastare il fenomeno della cosiddetta "alienazione genitoriale", ossia l'adozione di uno dei due genitori di comportamenti tesi ad allontanare il figlio dall'altro.

Mantenimento diretto e domicilio

Nel testo del decreto è previsto un mantenimento diretto - che dovrebbe sostituire l'assegno di mantenimento - ripartito fra i due genitori, che si spartiranno ciascuna voce di spesa, sia per quanto riguarda quelle ordinarie che quelle straordinarie.

Inoltre, sebbene sia stato mantenuto il doppio domicilio dei figli presso i genitori, il giudice potrà decidere che questi mantengano la residenza nella casa familiare e, in caso di disaccordo fra le due parti, potrà scegliere quale dei due genitori pagherà all'altro il "canone di locazione"

Divorzio

Fra le diverse polemiche che hanno accompagnato il ddl sin dalla sua nascita, spicca quella secondo cui la riforma renderebbe più difficile la separazione o il divorzio.

Nel testo del decreto, infatti, si parla di "unità familiare", rendendo così il processo di separazione maggiormente lungo, complicato e soprattutto economicamente oneroso.

Violenza domestica

Un'altra accusa mossa sarebbe quella di voler privatizzare la violenza. Il decreto introdurrebbe soluzioni standard che, di fatto, non vadano a considerare le mutevoli situazioni che possono verificarsi, compresi i casi di abusi.

Presupponendo il ricorso ad un mediatore privato - quindi una figura, a pagamento, che non sono preparate e specializzate nel tema della violenza - si limiterebbe la gravità dell'abuso. Secondo le diverse associazioni impegnate sul campo, infatti, la violenza domestica non è un mero conflitto fra coniugi che si possa risolvere con l'intervento di un mediatore.