La richiesta del Tribunale dei ministri di Catania, avanzata lo scorso giovedì alla Giunta delle Autorizzazioni a procedere del Senato nei confronti del vicepresidente del Consiglio per il caso della nave Diciotti, rischia di creare una crisi di governo. Il leader del Carroccio era stato indagato nella scorsa estate per sequestro di persona, ma lo scorso novembre la Procura di Catania dispose l'archiviazione dell'inchiesta. Il Tribunale dei ministri invece ha ribaltato la decisione, mettendo in mano ai senatori della Repubblica un vero e proprio cerino acceso.

Saranno loro a decidere, in primis i 23 membri della Giunta, il destino giudiziario del ministro dell'Interno.

L'inaspettata lettera al Corriere della Sera: 'Il processo non va fatto, agito nell’interesse pubblico'

Con una lunga e articolata lettera inviata al Corriere della Sera e pubblicata questa mattina nella sua edizione online, Matteo Salvini ha contestato apertamente la richiesta del Tribunale dei ministri. Il punto principale che rimarca è che la vicenda giudiziaria sia, testuale, ''strettamente legata all’attività di ministro dell’Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale''.

Il leader della Lega snocciola i dati sul drastico calo dei morti in mare da lui imputato alla linea dura ed alla chiusura dei porti sintetizzata con il concetto 'meno sbarchi , meno morti'.

Questo calo degli ingressi, prosegue, ha consentito notevoli risparmi che hanno liberato risorse investite per un piano straordinario di assunzioni tra le fila delle forze dell'ordine.

'Non mi sottraggo al giudizio, ma desidero che non siano date informazioni distorte'

Snocciolati questi dati, il ministro arriva al nocciolo della questione.

Premettendo di non volersi sottrarre all'eventuale giudizio del tribunale, contesta l'accusa che gli viene posta, ovvero di aver sequestrato delle persone in virtù del suo ruolo di ministro, quindi di aver commesso un reato non da privato cittadino, ma in quanto ''uomo delle istituzioni''.

Una vicenda, ricorda Salvini, che riporta all'articolo 96 della Costituzione, sostenendo di aver agito ''per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo''.

Il nocciolo della questione - prosegue - è che i suoi atti siano stati collegiali, condivisi dall'intero governo e motivati da precise strategie, inclusa quella di smantellare definitivamente l'attività illecita dei trafficanti e di impedire la tragica perdita di vite umane. Adesso la palla passa agli alleati di governo che, fino ad oggi, avevano dichiarato di voler votare a favore dell'autorizzazione a procedere, pur assumendosi la responsabilità di aver sempre condiviso le strategie di Salvini.