Sarebbero false o manipolate alcune intercettazioni riguardanti Armando siri, il Sottosegretario leghista indagato per corruzione a Roma. L’audio contenente la frase “ci è costato 30mila euro”, presumibilmente pronunciata dall’imprenditore Paolo Arata (anche lui indagato) mentre discuteva con il figlio Francesco, e pubblicata in prima pagina dal Corriere della Sera nel giorno di Venerdì Santo, secondo i magistrati non esisterebbe nemmeno. A sostenere questa versione dei fatti è il quotidiano La Verità, diretto da Maurizio Belpietro, tramite un approfondito articolo firmato da una delle penne di punta del giornale, Giacomo Amadori.

Il giornalista punta il dito contro la responsabile della cronaca giudiziaria del Corriere, la collega Fiorenza Sarzanini, responsabile a suo dire di aver voluto ‘forzare’ di proposito il senso dell’inchiesta che continua comunque a coinvolgere Siri.

L’articolo bomba di Giacomo Amadori: ‘Falsa intercettazione contro Siri’

Si intitola proprio così, ‘Falsa intercettazione contro Siri’, l’articolo di Giacomo Amadori su La Verità che accusa apertamente il Corriere della Sera, seguito poi a ruota dagli altri quotidiani mainstream come Repubblica, di aver pubblicato la frase “ci è costato 30mila euro” facendola passare come veramente pronunciata da Arata. “Ma nel fascicolo l’audio non c’è. Un tarocco, attribuito però alla Dia”, chiosa l’informatissimo giornalista.

Amadori racconta come i magistrati romani che si occupano del caso siano “rimasti allibiti” quando hanno letto la prima pagina del Corriere della Sera venerdì scorso (“Ci è costato 30mila euro”, Arata e le pressioni su Siri, gli incontri con altri leghisti” ndr). Il quotidiano milanese spiegava anche che la cimice che avrebbe registrato quella frase era stata piazzata dalla Direzione investigativa antimafia.

Ma, dopo una minuziosa ricerca effettuata insieme ai colleghi di Palermo, i pm avrebbero accertato che “quell’audio non esiste”.

La Verità e le accuse contro Corriere della Sera e Fiorenza Sarzanini

In pratica, La Verità accusa la responsabile della cronaca giudiziaria del giornale di via Solferino, la notissima giornalista Fiorenza Sarzanini, di non aver “mostrato tentennamenti” nell’interpretare la frase incriminata come la prova della colpevolezza di Armando Siri.

La Sarzanini sostiene infatti che quei 30mila euro andrebbero riferiti “ai compensi destinati a Siri per modificare i provvedimenti legislativi”. Dunque, secondo Amadori, “sul Corriere sarebbe stata pubblicata tra virgolette una battuta mai captata dagli investigatori”. A conferma delle sue accuse il giornalista cita anche la risposta che gli avrebbe fornito un non meglio identificato inquirente. “Le intercettazioni sui giornali? Sono false. Quelle frasi non ci sono nel fascicolo”, avrebbe rivelato la gola profonda.