Prudenza, tamponi mirati e sorveglianza. Questa la sintesi della "ricetta" suggerita da Alessandro Crisanti all'Italia in merito alla prosecuzione dell'emergenza sanitaria legata al coronavirus. Cristanti, ordinario di Microbiologia dell'Università di Padova e con un passato presso l'Imperial College di Londra, è stato uno dei grandi protagonisti dell'efficace strategia di contenimento messa a punto dal Veneto. In un'intervista a La Stampa ha raccontato come, a suo avviso, le cose potrebbero cambiare nei prossimi mesi e quali i rischi che potrebbero maturare nelle prossime settimane, con particolare riferimento a eventuali ingressi sul territorio di persone infette dall'estero.

In particolare, molti rischi potrebbero arrivare dall'estero qualora non venissero stabiliti accordi internazionali in grado di adottare comuni strategia di prevenzione tra i paesi nell'ambito dei movimenti internazionali delle persone.

Coronavirus: dati in calo nell'ultimo periodo

I dati italiani, al momento, sembrano delineare scenari più ottimistici rispetto a quelli di qualche settimana fa. La fase 2, iniziata dallo scorso 4 maggio, comincia a stare stretta a molte regioni che spingono affinché si possa riaprire tutto al più presto. "Se i casi - evidenzia Crisanti - saranno ancora in diminuzione si potrebbe riaprire ovunque, ma suggerirei prudenza ad alcuni territori". Il professore, non caso, sottolinea come nel caso di Piemonte e Lombardia potrebbe essere opportuno aspettare qualche settimana in più prima di adottare un allentamento delle restrizioni.

Crisanti suggerisce eventuali 'microzone rosse'

Crisanti non fa mistero che aumentare le possibilità che le persone entrino in contatto equivale ad accettare il rischio di un aumento dei contagi. "L'epidemia - evidenzia - non è finita, possono crearsi altri focolai. A Vo' Euganeo abbiamo dimostrato che si fermano se individuati per tempo, esaminati con i tamponi, tracciati nei contatti e isolati".

La strategia suggerita per il futuro è quella di creare, al bisogno, delle "microzone rosse".

L'Italia sta scoprendo che i nuovi contagiati si caratterizzano per un'evoluzione dell'infezione meno grave dei primi casi. Il tutto, secondo Crisanti, sarebbe spiegabile attraverso due chiavi di lettura. La prima è che adesso i pazienti arrivano ad essere curati ad uno stadio iniziale da medici che cominciano a conoscere una patologia che, fino a poco tempo fa, era nuova.

La seconda è che la carica virale che raggiunge ogni positivo risulta sensibilmente abbassata da un minor numero di contagiati presenti in giro.

A fronte di una buone dose di ottimismo, non bisogna mai perdere di vista il rischio che resta all'orizzonte. L'epidemia, al momento, risulta ridotta in Italia, ma potrebbe fare nuovamente capolino attraversando i confini. "L'epidemia - sottolinea Crisanti - potrebbe tornare dall'estero. Bisogna controllare gli aeroporti, tracciare chi arriva e fare tamponi mirati. Servono accordi internazionali".