Si vota il prossimo 20 e 21 settembre. Gli appuntamenti elettorali in agenda sono diversi: regionali, comunali e il referendum sul taglio dei parlamentari. Una partita su cui si immagina che il governo si giochi molto. In particolare la vittoria del Si e dunque la sforbiciata al numero dei rappresentanti dei cittadini è una vecchia battaglia del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, anche qualora dovesse concretizzarsi l'agognato traguardo per l'universo pentastellato, secondo l'ex magistrato Carlo Nordio, ci sarebbero una serie di criticità che renderebbero addirittura possibile la fine di questa legislatura.

Ne ha parlato in un'ampia intervista rilasciata a Italia Oggi

Referendum: Si o No? Le questioni in ballo

Il prossimo referendum del 20 e 21 settembre è un match che si gioca su due tavoli. Non è un mistero che l'eventuale vittoria del Si rappresenterebbe uno scenario che darebbe vigore al Movimento 5 Stelle che da tempo si batte per il contenimento dei costi della politica. Chi so sostiene che chi appoggia il Si si aspetta una maggiore efficienza da un Parlamento a ranghi ridotti. Chi vota No, invece, teme la riduzione dei principi di rappresentanza democratica che regolano lo Stato Italiano.

Nella sua intervista Carlo Nordio bacchetta il Pd che oggi, a suo avviso, sostiene il taglio dei parlamentari per mere "ragioni di convenienza politica".

Non mancano, inoltre, i riferimenti chiari a quella che diventerebbe una sorta di rinuncia alla coerenza in nome dell'interesse citato. Senza mezzi termini sottolinea come oggi un eventuale vittoria del "Si" aprirebbe scenari difficili dettati dal fatto che si andrebbe ad una riforma zoppicante poiché messa in piedi da coloro i quali definisce "dilettanti dell'architettura costituzionale" .

Per Nordio si aprirebbero scenari che potrebbero complicare le cose

"Detto in breve - dichiara - in un Paese normale se vincesse il no dovrebbe cadere il governo e se vincesse il Si dovrebbe cadere il Parlamento". Nel primo caso è facile intendere che un eventuale no sarebbe quasi una delegittimazione per il partito con la rappresentanza più ampia nelle camere e al governo: il Movimento 5 Stelle.

Desta, invece, curiosità la seconda ipotesi lanciata da Carlo Nordio, relativa all'ipotesi che in caso di vittoria del No dovrebbe andare a casa il Parlamento. A suo avviso il placet popolare alla decurtazione dei parlamentari aprirebbe spazio a quello che può essere considerato un enorme problema istituzionale e politico. A partire dal fatto che l'attuale Parlamento andrebbe incontro ad una sorta di "delegittimazione", come lui stesso la definisce.

Secondo Nordio ad oggi non si starebbe considerando abbastanza il fatto che si concretizzerebbe ciò che definisce "una vera e propria rivoluzione della nostra Carta". E sull'ipotesi di una prosecuzione: "anche ammesso che giuridicamente si possa sostenere, il problema sarebbe insormontabile dal punto di vista politico, proprio perché esprimerebbe una contraddizione insanabile tra la nuova Costituzione e il vecchio parlamento".

Nordio pone in risalto il fatto che la riduzione dei parlamentari sarebbe potuta essere un orizzonte percorribile a patto che fosse coordinata con una riforma di circoscrizioni e leggi elettorali. Occorrerebbe perciò andare a rivedere tutto il sistema e dovrebbe toccare al Parlamento stesso. "Sarebbe - spiega l'ex pm - incompatibile con la nuova Costituzione. Insomma un gatto che si morde la coda".Tra l'altro Nordio parla anche di problemi insolubili. L'esempio lo fa partendo all'ipotesi che, per altre ragioni, il governo cada, non se ne possa formare un altro e si debba andare ad elezioni. Ma con quale sistema andremmo a votare? Nessuno lo ha detto, nessuno lo ha previsto". Non ci sarebbe, quindi, a detta dell'ex magistrato, un sistema per risolvere il problema.