di Francesca Cicculli e Carlotta Indiano
In collaborazione con IrpiMedia
La rete di influenze del mondo ultracattolico che ha sostenuto l’ascesa negli Stati Uniti di Donald Trump e di alcuni tra i maggiori movimenti sovranisti europei è arrivata in questi anni a influenzare anche le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con sede a Strasburgo e che sovrintende al rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo firmata dai 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Per farlo soldi e giuristi sono stati il chiavistello ideale: dal 2008 a oggi le principali associazioni di conservatori cristiani degli Stati Uniti hanno speso all’estero più di 280 milioni di dollari. Di questi, almeno 90 milioni sono arrivati in Europa, mentre il resto è confluito in Africa e Asia.
Secondo OpenDemocracy, che ha potuto analizzare migliaia di documenti finanziari di 28 gruppi statunitensi perlopiù cristiani oltranzisti, questi gruppi hanno costruito legami sempre più stretti con la destra più conservatrice, a volte con quella estrema. Questi fondi hanno sostenuto iniziative e altre associazioni satellite in tutto il mondo, le quali si occupano di condizionare l’opinione pubblica, le leggi o le politiche nazionali per impedire l’affermazione dei diritti sessuali e riproduttivi.
Una decina di questi gruppi rientra tra quelli che animano il Congresso Mondiale delle Famiglie, network ultraconservatore che promuove la cosiddetta “famiglia tradizionale”, fondato nel 1997 dall’incontro di alcuni ultraconservatori americani e russi. La rete organizza meeting regionali e internazionali in tutto il mondo, tra cui il più recente a Verona nel 2019.
I finanziamenti dagli USA
I denari per sostenere le attività di questi gruppi arrivano perlopiù dagli Stati Uniti d’America, dove la legge autorizza a sovvenzionare enti simili, nazionali e internazionali, purché i fondi vadano in attività di beneficienza. Secondo quanto risulta dall’analisi dei documenti finanziari gran parte delle transazioni verso l’Europa sono state erogate da due sigle: L’American Center for Law & Justice (ACLJ) e l’Alliance Defending Freedom (ADF).In tutto circa 30 milioni di dollari equamente distribuito tra le due sigle, particolarmente interessanti guardando ai nomi dei suoi animatori: ACLJ, insieme al suo ramo europeo European Center for Law and Justice (ECLJ), sono stati fondati da Jay Sekulow, l’avvocato che ha difeso Donald Trump nel caso Russiagate.
Sekulow risulta allo stesso tempo sia finanziatore, sia beneficiario dei gruppi. Proprio per questo l’attività di ACLJ è valutata da Charity Navigator, portale che traccia i finanziamenti del no-profit americano valutandone la trasparenza, come "moderatamente preoccupante". Perché? Secondo il portale sono emerse "atipiche attività finanziarie" in riferimento ai milioni di dollari che il gruppo avrebbe pagato negli anni a Sekulow per la sua attività come legale.
Dall’altra parte invece ADF vanta tra i propri fondatori la famiglia di Betsy DeVos, grande donatrici del partito repubblicano a stelle e strisce e segretaria all’istruzione dell’amministrazione Trump.
Gruppi di giuristi oppure organizzazioni politiche?
Sia ACLJ sia ADF si presentano di fatto come gruppi di avvocati a difesa dei diritti umani. Tuttavia alcuni analisti sostengono che il loro fine sia molto più legato alla politica e politicizzato, rivolto alla tutela di posizioni conservatrici affini al mondo ultracattolico. Intervenendo presso le corti europee e internazionali più che discussioni in punta di diritto è sempre più palese nel tempo l’attività di lobbying di questi gruppi che sono poi in grado di influenzare le normative nazionali.
Una strategia complessa che fa capo ad Agenda Europa, rete informale di associazioni riunitesi nel gennaio 2013 con l’intenzione di sviluppare un pensatoio europeo di ispirazione cristiana e in grado di sostenere il movimento “pro-vita” in Europa.
Lo riporta un documento dello European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (EPF), forum che raggruppa parlamentari da tutta Europa. Il report riunisce i documenti prodotti da Agenda Europa e rimasti segreti fino al 2017, anno in cui una fonte anonima rende pubblico il carteggio. "L’obiettivo finale di questi gruppi - spiega a IrpiMedia Neil Datta, segretario dell’EPF - è quello di spogliare alcune categorie di persone di alcuni loro diritti, ovvero chi possono amare, sposare, come avere figli e fondare una famiglia".
Nel 2014 la strategia di ADF, rivelano ancora i documenti, diventa più che mai chiara: accreditarsi presso le istituzioni rilevanti, tenere d’occhio l’operato delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OCSE), la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e agire su di esse e in particolare su quest’ultima per orientarne le decisioni.
In che modo?
Lo illustra bene ancora una volta uno degli avvocati di punta dello ECLJ, Grégor Puppinck: "Portare le persone giuste nelle giuste istituzioni, identificando una lista di posizioni chiave all’interno delle principali istituzioni europee che diventeranno vacanti". Così è successo nel 2007 quanto ECLJ ha acquisito lo status speciali consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). Successivamente queste organizzazioni hanno iniziato a sfruttare a proprio favore gli strumenti di democrazia partecipativa come petizioni e iniziative popolari.
Lo stesso Puppinck volge poi un occhio anche ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea: un modo per "aumentare il nostro budget - dirà nel summit del 2014 di ADF - diminuendo quello degli avversari".
Gli avversari, secondo Puppinck sono le “lobby” dell’aborto, delle lesbiche, dei gay, delle femministe radicali e degli atei militanti.
L’influenza sulla CEDU e l'Italia: il caso del crocifisso a Padova
Nel tempo ECLJ e ADF sono divenute “parti terze” presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Vale a dire soggetti autorizzati a presentare osservazioni scritte e a presenziare durante le udienze, dunque in grado di incidere sulle decisioni della corte stessa. Una prerogativa che i due gruppi, sfogliando i casi valutati dalla CEDU, hanno sfruttato in almeno sei casi contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso, i diritti delle persone transessuali e delle donne.
Negli ultimi anni l’azione di ECLJ e ADF si è fatta sempre più pressante.
Il caso di influenza che più ha fatto rumore e ha visto protagonisti queste sigle, e in particolare lo stesso avvocato Puppinck, è stato quello dei crocifissi in classe. Il “caso Lautsi” parte nel corso dell’anno scolastico 2001-2002 dall’istituto “Vittorino da Feltre” di Padova. Durante un incontro del consiglio dei genitori Massimo Albertin, attivista dello UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) chiede la rimozione dei crocifissi: per Albertin la presenza di questi è una violazione del principio di laicità dello Stato.
In seguito al rifiuto del dirigente scolastico Albertin ricorre al Tar del Veneto e poi al Consiglio di Stato, secondo grado della giustizia amministrativa. In tutti i casi i giudici hanno considerato il crocifisso "parte del patrimonio storico-culturale d’Europa e delle democrazie occidentali", ritenendo che la presenza del crocifisso non fosse contrario al principio di laicità dello Stato.
Da qui il ricorso alla CEDU che in un primo momento condanna l’Italia per violazione del diritto alla libertà di pensiero, convinzione e religione, salvo poi ribaltare il verdetto due anni più tardi dopo il ricorso dell’allora governo Berlusconi. L’allora ministro degli Esteri Franco Frattini inviò ai suoi corrispettivi europei una lettera in cui esponeva la posizione italiana con la speranza di un intervento degli Stati come terzi in favore dell’Italia. A differenza della prima udienza la CEDU ammise e accettò le opinione delle cosiddette “terze parti”, tra cui l’ECLJ. Arrivò così l’assoluzione per l’Italia per mancanza di elementi in grado di provare il condizionamento degli alunni provocato dal crocifisso.
Per l’ECLJ "una vittoria che ha permesso di consolidare un’alleanza contro il secolarismo tra cattolici e ortodossi".
Quando partecipano alle udienze della CEDU dunque l’azione di questi legali è più legata a influenze politiche che altro. Per molti analisti che si occupano di diritti umani sono dunque necessari nuovi meccanismi di trasparenza per conoscere i finanziatori di queste entità e i loro programmi.
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