L’ultimo aereo statunitense lascia Kabul poco prima della mezzanotte del 30 agosto, ponendo di fatto fine ad un’occupazione durata 20 anni e lasciando campo libero ai talebani, che subito prendono il controllo dell’aeroporto. L’aereo militare, un C-17, trasporta Ross Wilson, l'ambasciatore statunitense in carica. Con lui c’è anche il maggiore generale Christopher Donahue, comandante statunitense che ha supervisionato l'operazione di evacuazione.

Kabul: la fine di una guerra durata 20 anni

Gli Stati Uniti approdano in Afghanistan dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e, da quel momento, la loro presenza diventa una costante.

La partenza dell'ultimo aereo chiude un vecchio capitolo di storia recente e ne apre uno nuovo, ricco di interrogativi ai quali solo il tempo risponderà. L’ultimo segno della presenza degli Stati Uniti a Kabul si sostanzia nei pochi veicoli militari lasciati incustoditi all'aeroporto, che i talebani hanno già provveduto a distruggere. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, dichiara che più di 100 cittadini americani sono rimasti a terra. Volevano lasciare Kabul, come altri prima di loro, ma non sono riusciti a imbarcarsi sugli ultimi voli in partenza. Il Dipartimento di Stato continuerà comunque a lavorare per riportarli a casa, assicura Blinken.

Il generale Kenneth McKenzie, capo del Comando Centrale degli Stati Uniti, decide di annunciare lo storico momento della partenza attraverso un video e una dichiarazione.

"Il ritiro di stasera significa sia la fine della componente militare dell'evacuazione, ma anche la fine della missione di quasi 20 anni iniziata in Afghanistan poco dopo l'11 settembre 2001", dice McKenzie. "Il costo è stato di 2.461 membri del servizio USA e civili uccisi e più di 20.000 feriti".

Anche il presidente Joe Biden decide di parlare.

Lo fa attraverso una dichiarazione scritta che comincia così: "La nostra presenza militare di 20 anni in Afghanistan è terminata", e continua elogiando il lavoro delle truppe e la determinazione con la quale hanno portato avanti quella che passerà alla storia come la più grande evacuazione mai messa in atto.

Kabul: i talebani festeggiano la fine dell’occupazione

Raffiche di proiettili, sparate in aria dai militanti talebani nella notte, salutano l’uscita di scena degli USA. I festeggiamenti arrivano dopo l’annuncio di Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani. “Alle 12 di questa sera, le ultime truppe americane hanno lasciato l'aeroporto di Kabul, per cui l'Afghanistan è stato completamente liberato e indipendente", dichiara Mujahid.

Una fonte anonima talebana ha rivelato ad Al Jazeera che i militanti avrebbero preso il "pieno controllo" dell'aeroporto di Kabul subito dopo il ritiro delle truppe statunitensi, che nelle ultime 24 ore hanno evacuato circa 1.000 afgani, portando il totale dei civili evacuati questo mese a 123.000.

Di questi, ben 79.000 hanno lasciato Kabul a bordo di veicoli militari statunitensi. Kenneth McKenzie definisce l’impresa come “monumentale", aggiungendo: “C'è molto dolore associato a questa partenza. Non abbiamo tirato fuori tutti quelli che volevamo far uscire".

In merito all’evacuazione, Biden afferma di aver chiesto al Segretario di Stato di "guidare il continuo coordinamento con i nostri partner internazionali, per garantire un passaggio sicuro a tutti gli americani, i partner afgani e i cittadini stranieri che vogliono lasciare l'Afghanistan”. I talebani hanno acconsentito a lasciar partire gli afgani intenzionati ad abbandonare il Paese, e Biden si aspetta che onorino gli impegni presi.

Le promesse dei talebani

Il nuovo emirato promette un approccio diverso, più “morbido” rispetto a quello adottato in passato. Molti afgani sono però convinti che si tratti di dichiarazioni mendaci, tese a tranquillizzare la popolazione locale, e che i talebani continueranno a seminare violenza. I più preoccupati sono coloro che hanno lavorato con militari stranieri o che ricoprivano un ruolo nel precedente governo appoggiato dagli Stati Uniti. Le ritorsioni delle milizie potrebbero concentrarsi su di loro prima che sulla restante parte della popolazione.