Steve Bannon, ex stratega della Casa Bianca e figura chiave del movimento populista di destra che ha contribuito all'elezione di Donald Trump, a poche ore dall'insediamento di Trump ha lanciato un messaggio forte contro i miliardari tech che si stanno posizionando attorno al nuovo presidente: Trump non cederà alle pressioni dell'élite tecnologica. Durante il suo podcast, Steve Bannon's WarRoom, ha criticato duramente i "tecno-oligarchi" come Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, sottolineando che la loro presenza all'inaugurazione di Trump rappresenta un trofeo del potere populista, non una vera alleanza.

"Questi oligarchi non sostengono Trump", ha detto Bannon. "Sono lì perché il movimento di Trump e il presidente li hanno distrutti", aggiungendo: “Sono solo un trofeo da presentare ai suoi sostenitori".

Tuttavia, il dibattito tra Bannon e alcuni dei più influenti leader tecnologici evidenzia una spaccatura all'interno della coalizione repubblicana e le sfide che il secondo mandato di Trump potrebbe affrontare.

Un conflitto di visioni: Bannon contro Musk

Nonostante Trump cerchi da sempre di nascondere le divisioni interne, il partito repubblicano creato dal presidente negli ultimi due anni, unisce due fronde completamente opposte: da una parte i miliardari libertari della Silicon Valley, dall'altra il popolo Maga, vicino a posizioni nazionaliste e populiste, che sono poi quelle con le quali Trump ha vinto il primo mandato: stop all'immigrazione, chiusura dei confini, rilancio della produzione interna e isolazionismo.

Una delle principali divergenze tra Bannon e Musk riguarda il programma H-1B, che consente a lavoratori stranieri qualificati di lavorare negli Stati Uniti. Musk, lui stesso un immigrato sudafricano, ha sostenuto pubblicamente l'espansione del programma, affermando che gli Stati Uniti beneficiano dei "migliori e più brillanti" talenti globali.

Bannon, al contrario, ha descritto il programma come "corrotto" e contrario agli interessi dei lavoratori americani. "La nostra posizione è chiara: prima vengono i cittadini americani", ha dichiarato Bannon. "Non voglio che prendiamo le menti migliori del mondo per portarle qui. Questo è un atteggiamento imperialista". Questo scontro rappresenta una divisione più ampia tra il populismo di Bannon, che si oppone sia all'immigrazione legale che a quella illegale, e l'approccio più globalista e tecnologico incarnato da Musk.

Populismo contro "tecno-feudalesimo"

Bannon ha definito l'élite tecnologica come promotrice di un "tecno-feudalesimo" che mina i principi fondamentali dell'autogoverno. Ha accusato Musk di usare "i metodi della sinistra" per criticare il movimento MAGA e ha promesso di continuare la sua battaglia contro l'influenza dei colossi tecnologici. Nonostante ciò, Bannon ha riconosciuto alcuni meriti di Musk, come il suo contributo alla "de-costruzione dello stato amministrativo" e il sostegno a iniziative populiste durante le elezioni del 2024. "Ma non cambierò la mia posizione su ciò che è giusto per i lavoratori americani", ha insistito.

Il vero movimento? I populisti non la tecno-élite

Bannon si è detto certo che il movimento populista, che considera il vero motore dietro il successo di Trump, prevarrà sulle forze dell'élite.

"Questa è una rivoluzione populista e nazionalista. È un processo lungo e complesso, ma non ci fermeremo", ha dichiarato in una recente intervista a NPR. Ha anche sottolineato che il suo obiettivo non è ottenere un ruolo formale nella nuova amministrazione, ma influenzare la direzione del Paese attraverso il suo programma e il coinvolgimento diretto dei cittadini. "La vittoria genera vittoria", ha concluso Bannon, enfatizzando la forza del movimento Maga come un "potere collettivo" radicato nella partecipazione attiva degli elettori.

Le posizioni controverse di Musk sulla Cina

Un altro importante tema di scontro tra le due anime del partito di Trump è la questione cinese. La visione del movimento Maga nei confronti della Cina è profondamente ostile, considerandola una minaccia esistenziale per l'economia e la sicurezza degli Stati Uniti.

Bannon e altri leader del populismo americano vedono la Cina come il principale avversario geopolitico, accusandola di sfruttare pratiche commerciali sleali, rubare proprietà intellettuale e minare la sovranità economica americana attraverso una competizione aggressiva. Per il movimento MAGA, il confronto con la Cina è una battaglia per preservare l'autonomia industriale e proteggere i lavoratori americani.E su questo Trump ha già detto di voler applicare nuovi dazi alle importazioni dalla Cina.

Tuttavia il presidente negli ultimi mesi ha anche dato segnali di apertura, soprattutto grazie all'influenza di Musk. Il Ceo di Tesla infatti adotta un approccio più pragmatico e commerciale. Con interessi significativi in Cina attraverso Tesla e altre operazioni industriali, Musk cerca di mantenere relazioni costruttive con Pechino, vedendo il Paese come un mercato cruciale per la sua espansione.

Nel 2019, ha inaugurato la Gigafactory di Shanghai, il primo stabilimento di Tesla al di fuori degli Stati Uniti, che attualmente produce oltre la metà dei veicoli elettrici dell'azienda a livello globale. Questo impianto è diventato fondamentale non solo per il mercato cinese, ma anche per le esportazioni verso l'Europa.