A distanza di oltre due anni dal blitz del Comando provinciale dei carabinieri a Roma, nella giornata di giovedì 5 maggio 2016, è arrivata la confisca di beni - per 80 milioni di euro - ad un gruppo di imprenditori già arrestati nel corso del blitz del 2014 (Luigi, Antonio e Salvatore Righi e Alfredo Mariotti). I quattro, nell’ambito dell’esercizio delle loro attività, erano infatti coinvolti negli affari della camorra di Napoli. A seguito della confisca, dunque, i beni saranno parte del patrimonio dello Stato.

Camorra a Roma: i beni confiscati

Tra i beni oggetti di confisca risultano esserci 28 attività commerciali (bar, pizzerie, gelaterie), 40 beni immobili, 76 autoveicoli, 380 rapporti bancari e oltre 350mila euro in contanti.

Le attività facenti capo ai quattro imprenditori si trovavano tutte nel centro storico di Roma. I beni oggetti di confisca entrano a far parte - così - del patrimonio dello Stato italiano. Attualmente, l’amministrazione dei beni confiscati è compiuta dagli amministratori giudiziari e ancora in fase di valutazione.

GRAZIE ALLE FORZE DELL'ORDINE

Le forze dell'ordine e la DDA di Roma compiono un lavoro eccellente nel contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia romana. Le ultime confische effettuate nella nostra città, ben 80 milioni di euro, hanno sicuramente inferto un duro colpo alla camorra. Purtroppo però una singola azione non basta ad estirpare quello che è un cancro sempre più diffuso su tutto il territorio italiano. Dobbiamo proteggere il nostro tessuto economico, sostenere l'imprenditoria sana, che se abbandonata rischia di diventare preda del malaffare che dispone di enormi capitali illeciti.

Roma: arresti 2014 e sequestro attività commerciali

L’inchiesta del 2014, che portava il nome ‘Pizza Ciro’, portò all’arresto – oltreché degli imprenditori – di altre venti persone coinvolte nel riciclaggio di denaro sporco per conto della camorra.

Inoltre, ci fu il sequestro dei locali nelle quali si svolgevano le attività commerciali. Da quell’inchiesta emerse che il riciclaggio dei soldi avveniva per conto, soprattutto, del clan Contini. In particolare, la DDA e i carabinieri del nucleo investigativo di Roma portarono alla luce come gli affari dei tre fratelli e di Mariotti era amministrato, illegalmente, attraverso società esterne attribuite a dei clochard (che fungevano da prestanome).

A dare il via all’operazione sono stati i volumi di affari della holding. Infatti, confrontando questi volumi con i redditi dichiarati da ogni singola società emergeva una forte incongruenza che ha portato, in ultimo, a confiscare i beni delle attività illecite.