In arrivo contro il colesterolo anche il super broccolo. Se fino ad oggi i medici consigliavano di evitare il consumo di cibi ricchi di grassi saturi e alimenti pesanti, oggi l'aiuto alla nostra dieta giunge da un ortaggio, il broccolo. Sebbene il suo odore al momento della cottura non sia troppo invitante, è bene sapere che il "super broccolo", così come è stato denominato simpaticamente, è l'ideale nella lotta al colesterolo LDL presente nel nostro sangue. Insomma, un nuovo alleato nell'annosa battaglia contro un nemico alquanto difficile.

L'annuncio giunge dall'Institute for Food Research, nel Regno Unito.

Lo studio pare si sia concentrato su una particolare specie di broccolo, il Beneforte, che consentirebbe una riduzione del 6 per cento dei livelli di colesterolo. L'unica accortezza è quella di introdurlo nella nostra dieta alimentare quotidiana, evitando di fatto il ricorso a farmaci o altri espedienti.

Perché il Beneforte.

Innanzitutto, è bene specificare che non si tratta di un prodotto Ogm e nemmeno di un alimento sottoposto a modifiche genetiche. Si tratta semplicemente di un particolare broccolo inglese che ospita una concentrazione di glucorafanina, ovvero una particolare sostanza dalla forte valenza antiossidante. Ed è proprio nel Beneforte che si trovano livelli doppi o tripli di glucorafarina rispetto ad altri tipi di broccoli.

La ricerca è stata eseguita su un gruppo di 130 volontari ai quali erano stati diagnosticati problemi legati al colesterolo alto. Grazie al broccolo inglese, dunque, i soggetti dell'esperimento hanno visto scendere la media dei livelli di colesterolo LDL stimata introno al 6 per cento. Ciò ha permesso un netto miglioramento nelle condizioni di Salute di ciascun soggetto, abbassando il rischio di incappare in fastidiose cardiopatie o disfunzioni dell'apparato vascolare.

Cosa fare.

Nel caso in cui siate soggetti a questi problemi di salute, e soffriate di disturbi legati la colesterolo LDL, i medici consigliano un consumo pari a 440 grammi alla settimana di Beneforte.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Nutrition and Food Research.