La prima miscela micidiale è quella tra l’ostinazione a dimagrire del paziente e la voglia di riuscita del medico. Il medico, per soddisfare la sua voglia di successo acconsente trattamenti estremi a base di sostanze vietate ed anzi incriminate perché provocano il decesso. Queste terapie vengono spesso prescritte nonostante un leggero sforamento del range dell’indice di massa corporea, alterando i dati per far apparire l’urgenza di un trattamento d’urto. Così mai la bellezza è stata tanto legata alla morte.

Droghe in composti erboristici

Dal 1998 la Legge Di Bella proibisce e bandisce dal mercato alcune sostanze identificate come droghe.

Dal 2011 la legislazione si è fatta più restrittiva e tali sostanze sono state ritirate anche dal mercato. Una di queste è la fendimetrazina, una molecola recepita dal sistema nervoso centrale e che occorre all’inibizione del senso di fame. È nel lessico delle droghe pesanti e non è reperibile in forma sciolta sul mercato ma solo nei preparati galenici. Prima che venisse totalmente bandita era liberalizzata per il trattamento degli obesi, ma con alcune restrizioni: la terapia poteva essere prolungata per un massimo di tre mesi e in una dose entro il limite dei 150 milligrammi al giorno.

Altra cautela era quella di non associare la fendimetrazina ad altri farmaci come metforam, a base di metformina per velocizzare il metabolismo, e altri ormoni tiroidei.

Eppure queste norme sono spesso eluse: i medici, e in particolare gli endocrinologi, falsificano i parametri fisici, e quindi il BMI, per legittimare il ricorso alle cure estreme. Vengono dunque prescritti preparati galenici, per trovare svincolo alle restrizioni sul mercato, senza destare sospetto perché combinate dal farmacistadi fiducia del medico con sostanze naturali.

Chi le assume non ha veramente contezza di cosa ingerisce. Lo stesso gioco lo ha fatto l’endocrinologo dei vip Antonio Favella; anche lui alterava i parametri per licitare terapie farmacologiche estreme per chi non era neppure obeso.

Effetti collaterali

Tra le sostanze più note nel circolo degli anoressizzanti ci sono la fendimetrazina, la fenilpropamina e la meno abusata efedrina.

Sono molecole che vengono recepite dai recettori del sistema nervoso centrale e vanno ad agire sul senso di fame. Potrebbero all’inizio favorire un calo ponderale e addirittura stimolare un senso di euforia e energia. Ma l’effetto positivo dura poco: scattano immediatamente ansia, irrequietezza, insonnia e tachicardia, fino all’esito drammatico della morte, anche nel giro di pochi giorni.

Gli anatomopatologici dell’ospedale Umberto I di Roma hanno esaminato casi di morte riportabili all’uso di queste sostanze. Hanno riscontrato alterazioni nel cuore delle vittime da ricondurre soprattutto all’alto dosaggio e l'esposizione prolungata al trattamento che favoriscono cumuli di tossicità sulle cellule cardiache.

Si creano delle lesioni che nel breve tempo conducono alla morte per la compromissione dell’attività circolatoria. Ma vengono annoverati anche casi di ictus emorragici. Inoltre può essere dissuadente sapere che una volta interrotto il trattamento l’effetto dimagrante cessa. Il finale è che tutti i medici su cui pende l’inchiesta continuano ad esercitare, ma anche un aneddoto di Anonimo che ricorda come nella mitologia Afrodite non fosse magra eppure era la dea della bellezza.